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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

Testi del Vedanta

Bhagavad Gita

Il Signore creò  il mondo, e volle proteggere la sua esistenza. In primo luogo fece i progenitori, guida delle genti (prajaa - Pati), a partire da Marichi, e  impartì loro la legge  (Dharma), caratterizzata dai precetti operativi  (pravRitti) descritti nei Veda. Poi creò Sanaka, Sanandana e altri, e impartì loro la legge della rinuncia all'azione (NIVRitti), dalla conoscenza e dal  distacco. Duplice è la Legge descritta nei Veda - una di azione e l'altra di rinuncia all'azione – con cui è retto il mondo. Questa duplice legge deve essere osservata da parte dei membri di tutte le classi, a cominciare dai Brahmana, per tutta la durata delle stagioni della vita, in quanto porta direttamente a ottenere la prosperità e la liberazione, il Sommo Bene.

Nel corso del tempo, a causa dell'egoismo di coloro che dovevano difendere legge, e la conseguente diminuzione della conoscenza discriminativa, l'ingiustizia divenne più potente e prevalse sulla legge. Volendo mantenere la stabilità del mondo, il Creatore primordiale, che tutto pervade, il Signore (Vishnu), chiamato Narayana, si incarnò e nacque da Devaki e da Vasudeva, come Krishna, al fine di ristabilire la legge divina dei Veda.  Solo se la Legge vedica è preservata, il suo spirito proteggerà la vita delle diverse classi di persone.

Ashtavakra Samhita

Tu non appartieni ai bramini, ai guerrieri né ad altra casta, tu non sei in alcuno stadio di vita, non sei nulla di ciò che i tuoi occhi possono vedere. Sei privo di attaccamento e di forma, il testimone di tutto - [dunque] sii beato, ora. Giusto e ingiusto, piacere e dolore appartengono soltanto alla mente e non ti riguardano. Tu non sei l'agente o il fruitore delle conseguenze [dell'agire]; tu sei sempre libero.

Tu sei l'unico testimone di tutto, completamente libero. La causa della sofferenza è nel ritenere il testimone qualcosa di diverso da questo. Finché sei stato ingannato dal nero serpente dell'opinione di te stesso, hai creduto stoltamente: "io sono colui che agisce"; ora dissetati col nettare dell'evidenza: "io non sono colui che agisce" e da subito sii felice. Brucia la foresta dell'illusione con il fuoco della conoscenza.

Mandukya Karika di Gaudapada

Mi inchino al Brahman che pervade l'universo con l'effusione della conoscenza, che pervade ciò che è mobile e ciò che è immobile, Colui che osserva tutto quello che può essere conosciuto nel mondo grossolano [durante lo stato di veglia], Quello per cui si sperimenta tutto ciò che nasce dal desiderio ed è illuminato dall'intelletto [durante lo stato di sogno], e che riposa nella Sua beatitudine e fa che tutti noi vediamo attraverso la Sua Maya, quello che, nei termini di Maya, è il Quarto [Turiya] e il supremo, immortale e non nato.

Turiya, il Sé dell'universo - che osserva i frutti della virtù e del vizio nel mondo grossolano, che conosce gli oggetti sottili creati dalla Sua intelligenza e illuminati dalla Sua luce e che riassorbe tutto questo gradualmente in Sé, e che abbandonata ogni differenziazione diviene privo di attributi – che possa Egli accordarci la Sua protezione.

श्रुति Śrūti

Ishavasya Upanishad

Il volto della Verità è nascosto da una maschera d’oro; rimuovilo, oh Conoscitore, perché trionfi la verità, perché sia veduto. O Conoscitore, o Veggente, o Ordinatore, Sole Illuminante, o Padre delle creature, apri i tuoi raggi divini, trattieni il tuo ardore, affinché io possa conoscere il tuo volto benedetto. L'essere luminoso che abita in te, quello io sono.

Brhadaranyaka Upanishad

Om! L'aurora è il capo del cavallo sacrificale; il sole è il suo occhio, il vento il suo respiro, il fuoco onnipresente la sua bocca, l'anno il suo corpo. Il cielo è il dorso del cavallo sacrificale; l'atmosfera è la sua pancia, la terra il suo inguine; i punti cardinali sono i suoi fianchi, i punti intermedi le sue coste, le stagioni le sue membra, i mesi e le quindicine le sue giunture, i giorni e le notti le sue gambe, le costellazioni le sue ossa, le nubi le sue carni. La sabbia è il cibo che egli digerisce; i fiumi i suoi intestini, i monti il suo fegato e i suoi polmoni, le erbe e le piante la sua criniera; il sole che si leva è il davanti del suo corpo, dietro il sole che tramonta. Il lampo è il suo ringhio, il tuono lo scuotimento del suo corpo, la pioggia la sua orina, la voce della parola il suo nitrito.
Il giorno, che posa sull'oceano orientale, fu la coppa posta dinanzi al cavallo. La notte, che si trova sull'oceano occidentale, fu la coppa posta dietro al cavallo. Egli fu il Destriero che portò gli Dei, lo Stallone che portò i Gandharva, il Corsiero che portò i Demoni, e infine portò gli Uomini, come fa il Cavallo. Egli è di casa nell'oceano, dove si trova la sua stalla.

Mandukya Upanishad

 

Tutto è contenuto nella sillaba Om.

Il passato, il presente e il futuro non sono altro che la sillaba Om.

Quello che trascende la triade temporale, a sua volta, è l’Om.

Tutto è Brahman.

Il sé è Brahman.

Ecco il Signore supremo, l’onnisciente, il regolatore interno;

esso è il principio, l’origine e la fine di tutti gli esseri.

 

Sri Adi Shankara

Shankaracharya

Vivekacudamani

“Il gran gioiello della discriminazione”  
Istruzione sul discernimento spirituale

1. Rendo onore al sadguru Govinda la cui natura è suprema beatitudine, il quale si rivela mediante l’insegnamento vedantico che è di là dal linguaggio e dalla percezione mentale.
2. Per tutte le creature viventi non è agevole avere una nascita umana, in particolare ottenere un temperamento maschile, più difficile è perseguire il sentiero della devozione vedica, più difficile ancora è acquisire la perfetta conoscenza delle Sacre scritture. Altresì è raro discriminare tra il Sé e il non-Sé e realizzare l’identità del Sé con Brahman. Questo tipo di liberazione perfetta è il risultato di meriti accumulato nel corso di innumerevoli nascite.

Soundarya Lahari, L'Onda della Bellezza

"L'Assoluto è senza forma, ma l'energia è femminile. Quando l'energia prende forma, è chiamata Madre. Madre è la potenza in movimento, che solleva in onde le acque calme dell'Assoluto." Swami Vivekananda

"Non c'è Shiva senza Shakti o Shakti senza Shiva. I due, per loro stessa natura, sono uno. Ciascuno di essi è coscienza e beatitudine." Arthur Avalon

"Shakti è l'energia primordiale latente,  indifferenziata e auto-cosciente, che tutto pervade, che si manifesta per creare l'universo dopo il diluvio o la grande dissoluzione (Mahapralaya). Questa Shakti non è diversa dalla coscienza (Cit), il loro rapporto è di inseparabile unità (Avinabhava Sambandha) come tra il fuoco e il calore, un soggetto e le sue caratteristiche, la parola e significato ecc. In altre parole, uno non esiste senza l'altra." 

Advaita Sadhana

Antologia degli insegnamenti di
Sri Chandrasekharendra Saraswati Swamigal.
Commento del Vivekacudamani di Shankara. [PDF]

Con grande compassione il nostro Acharya Shankara Bhagavatpada ha tracciato il Saadhanaa-kramaM (il metodo della Sadhana) per raggiungere lo scopo dell’Advaita. Tutto ciò che ha fatto è in accordo con la Sruti (i Veda). Il corpo dei Veda ha una testa, le Upanisad. Esse sono chiamate ‘shruti-shira’, che significa ‘la testa della Sruti’. L’alto edificio della Sadhana costruito per noi dall’Acharya è fondato sulle Upanisad.
Egli ha tracciato un programma chiamato ‘Saadhana-chatushhTayaM’ (la Sadhana in quattro fasi). Nel suo monumentale commento al Brahma Sutra fin dall’inizio dice: 'nitya-anitya-vastu-vivekaH' si deve discriminare tra ciò che è reale e cioè che non è reale e nomina la quattro fasi del cammino.
Come il Sutra-Bashya è il culmine dei commenti scritturali, il Viveva-Chudamani è la massima espressione delle opere dette prakarana. In questo testo è data una perfetta definizione delle quattro fasi del Saadhana-chatushhTayaM.

La filosofia di Shankara

La filosofia di Shankara

Questo articolo esamina l'Advaita Vedanta classico di Shankaracharya e alcune questioni basilari di epistemologia e soteriologia. La presentazione rimarrà fedele a ciò che Shankara ha effettivamente detto ed eviterà interpretazioni speculative del suo pensiero, come ad esempio le forme dell'Advaita Vedanta che possono significativamente essere adattate in modo da soddisfare le esigenze degli occidentali moderni. Per la maggior parte ci si riferisce ai commenti di Shankara sul Brahma Sutra e Brhadaranyaka Upanishad, forse i suoi lavori più importanti, con alcuni riferimenti anche ai suoi altri scritti. 

Ascolto, riflessione e meditazione nella pratica dell'Advaita Vedanta

L'analisi mentale dell'Upadesha (insegnamento) attraverso la riflessione costante è l'esercizio detto Manana. Successivamente, quando non esiste più necessità e scopo per ulteriore analisi e discussione, si procede con NidhidhyAsana, che è lo stato in cui la mente è concentrata esclusivamente nell'identificazione con l'atman- tattva, su cui si è giunti a una perfetta chiarezza, e la mente non è scossa da alcun movimento.

La Mente e la funzione dei Mahavakya.

La mente, che è chiamata 'organo interno' (antaHkaraNam), è indicata con quattro nomi in base alle rispettive funzioni: manas, buddhi, chittam e ahamkAra. La funzione del pensiero è conosciuta come manas, che designa l'attività della mente ordinaria, come comportamento, esperienza di piacere, repulsione, reazione e relazione. Quando viene presa una decisione, appellandosi al senso etico, alla verità, al discernimento, è detta buddhi o intelletto. La funzione di memorizzare le esperienze e le informazioni, e di compiere operazioni formali, è chiamata chittam. Il senso dell'io è ahamkAra. 

Devi Mahatmya

 

Durante il Navaratri, in India è tradizione leggere il Devi Mahatmya, suddiviso per i nove giorni (notti) dedicati alla Madre divina. La lettura di questo testo è una pratica devozionale riconosciuta e ricca di insight significativi. Il testo è stato tradotto e curato dai miei studenti durante il Solstizio d'estate 2020, anno apocalittico e insieme straordinario, e quindi da me revisionato commentato durante il Navaratri, per condividere la lettura del testo, a protezione e conforto dei devoti della Madre e di tutti. Lo dedichiamo al Navaratri d'autunno per tutti coloro che cercheranno rifugio nella Sapienza in tempi di angoscia. Adesh Adesh. Jay Ma!

 

Introduzione:

I. ORIGINE E TRADIZIONE DEL CULTO DELLA MADRE DIVINA IN INDIA.

II. IL DEVI MAHATMYA.

Giorno 1: Capitolo I (Madhu kaitabha samhaaram)

Giorno 2: Capitoli II, III, IV (Mahishhasura samhaara)

Giorno 3: Capitoli V, VI (Dhuumralochana vadha)

Giorno 4: Capitolo VII (Chanda Munda vadha)

Giorno 5: Capitolo VIII (Rakta biija samhaara)

Giorno 6: Capitoli IX, X (Shumbha Nishumbha vadha)

Giorno 7: Capitolo XI (Lode di Narayani)

Giorno 8: Capitolo XII (Phalastuti)

Giorno 9: Capitolo XIII (Benedizione di Suratha e Samadhi)


Testo e commento del Devi Mahatmya in PDF

La mente, che è chiamata 'organo interno' (antaHkaraNam), è indicata con quattro nomi in base alle rispettive funzioni: manas, buddhi, chittam e ahamkAra. La funzione del pensiero è conosciuta come manas, che designa l'attività della mente ordinaria, come comportamento, esperienza di piacere, repulsione, reazione e relazione. Quando viene presa una decisione, appellandosi al senso etico, alla verità, al discernimento, è detta buddhi o intelletto. La funzione di memorizzare le esperienze e le informazioni, e di compiere operazioni formali, è chiamata chittam. Il senso dell'io è ahamkAra. La parola "antaHkaraNam" è anche usata per la mente nel suo complesso quando queste distinzioni non sono espresse.

L'ascolto e la meditazione dei mahAvAkya, secondo il pensiero vedantico, dà origine alla conoscenza del Sé, facendo assumere alla mente la "forma" del Brahman, secondo la formula espressa nell'insegnamento impartito. Questa facoltà “plastica” della mente, di prendere la forma del contenuto su cui si focalizza, è la caratteristica principale della psicologia indiana tradizionale. Con un'intuizione che precede di molti secoli le scienze cognitive moderne, si comprese come l'apprendimento modifica l'assetto della mente discente e la riorganizza. Questa funzione, quindi, per il Vedanta va utilizzata orientando la mente a apprendere, elaborare e meditare le istruzioni del Guru, secondo il dettato scritturale, fino che la mente non sia completamente purificata dalle impressioni esteriori e dalle concezioni errate, derivate dalla percezione e dalla logica ordinarie, così che attraverso l'esercizio, si concentri sulla verità spirituale e in essa trovi tutte le riposte e la pacificazione dei movimenti e dei turbamenti.
Il metodo e lo scopo non differiscono, in questo, senso da quelli proposti dallo yoga, se non sull'oggetto di meditazione, che in ciascuna scuola ha il suo tema privilegiato e connotativo. Perciò se l'immagine della divinità è la forma su cui si concentrano mente e cuore del devoto del Bhakti yoga, e il suono interiore e l'intuizione dell'universale sono la realtà con cui lo yogi cerca l'accordo profondo, il dettato vedantico esprime in forma verbale e, inizialmente, intellettiva, il senso universale, intelligibile, dell'unità metafisica affermata dal Dharma indiano, l'identità dell'Atman e del Brahman, servendosi dei Mahavakya.

I Mahavakya, o grandi detti, sono quattro aforismi vedici, tratti dalle Upanishad, che definiscono e fondano la dottrina del Vedanta Advaita, il Vedanta non dualista. Affermano che la realtà sia una ed una soltanto, cioè il Brahman, col quale si identifica anche l'anima individuale.
Tat tvam asi: Quello sei tu (Chandogya Upanishad VI, 8, 7)
Aham brahmasmi: Io sono il Brahman (Brhadaranyaka Upanishad I, 4, 10)
Ayam atma brahman: Questo Sè è il Brahman (Mandukya Upanishad II)
Prajnanam Brahma: Il Brahman è pura coscienza (Aitareya Upanishad V, 4)

Nel Mandukya Karika di Gaudapada (https://www.visionaire.org/testi-del-vedanta/mandukya-karika-di-gaudapada), questa pratica di studio e di meditazione e il suo effetto sono sintetizzati al capitolo II,29. “Colui che viene istruito su un oggetto [dal Maestro] vedrà solo quello [come realtà]. E tale oggetto, divenendo tutt'uno con lui, lo proteggerà. Questa condizione culmina con l'identità del conoscitore e dell'oggetto conosciuto”.

Sri VidyAraNya, autore e maestro del Vedanta del secolo XIII, nel Jivanmuktiviveka (https://www.visionaire.org/vidyaranya-jivanmuktiviveka-la-liberazione-in-vita), offre una metafora di questo funzionamento. Quando un vaso di argilla viene modellato, la sua forma è riempita dallo spazio che riempie il cosmo intero. Poi viene riempito con acqua, riso o altro, dall'opera umana. Acqua, riso e altre sostanze possono in seguito essere rimosse, come prima erano state inserite, ma lo spazio che riempiva il vaso fin dall'inizio non può essere rimosso. Continua a essere lì anche se la bocca della pentola viene sigillata ermeticamente. Allo stesso modo, la mente, nell'atto di nascere, viene all'esistenza piena della coscienza del Sé. Assume, dopo la sua nascita, a causa dell'influenza della virtù e del vizio, la forma di involucri, colori, gusto, piacere, dolore e altre modificazioni, proprio come il gesso fuso si modella in uno stampo. Di queste, le trasformazioni come colore, gusto e simili, che non sono Sé, possono essere rimosse dalla mente, ma la forma del Sé, che non dipende da alcuna causa esterna, non può essere rimossa in alcun modo. Quindi, quando tutte le idee estranee vengono rimosse dalla mente, il Sé viene realizzato senza alcun impedimento.

Sri Gaudapada, Dada Guru di Sri Shankaracharya e considerato il fondatore del pensiero non dualista, nella Mandukya Karika inaugura magistralmente la metafora dei vasi di terracotta e dello spazio, come immagine della vera natura degli esseri: III, 3-5. “Si dice che il Sé esista nella forma degli Jiva [enti individuati] nella maniera in cui lo spazio si distribuisce all'interno delle brocche. In questo modo si spiega l'esistenza dei corpi composti, proprio come lo spazio o etere esiste all'interno delle brocche e dei contenitori. Tale è la spiegazione della nascita.
Dunque, come le brocche si spezzano e lo spazio che era contenuto in esse va a scomparire nello spazio infinito, così gli enti individuali si fondono nel Sé.
Come lo spazio contenuto in una singola brocca è attraversato da polvere e fumo, e questo non tocca le altre brocche, allo stesso modo la totalità non è associata alla felicità [o alle altre affezioni] del singolo ente”.

È stato detto: "Si dovrebbe guidare la mente: poiché, per sua stessa natura, è sempre incline ad assumere una delle due forme del Sé e del non-Sé, deve gettare da parte la percezione del non-Sé, per assumere la forma del Sé solo". E anche: "La mente assume la forma di piacere, dolore e simili, a causa dell'influenza della virtù e del vizio, mentre la forma della mente, nel suo aspetto originario, non è condizionata da alcuna causa estranea. Alla mente priva di tutte le trasformazioni è rivelata la Beatitudine suprema ". Quindi, quando la mente viene svuotata da tutti gli altri pensieri sorge la conoscenza del Sé.
In Mandukya Karika, III. 35 si legge: “La mente ordinaria si dissolve nel sonno profondo, mentre quando è controllata non tende a dissolversi. Solo in questo caso la mente può aspirare al Brahman, che è senza timore, completamente illuminato della luce della sua stessa Coscienza”. Nel suo bhAshya (commento) su Mandukya Karika, III. 46 Sri Sankara scrive: “Quando la mente diventa immobile, come una lampada in un luogo senza vento, non appare la forma di nessun oggetto immaginato all'esterno; quando la mente assume tali caratteristiche, allora diventa Brahman; o in altre parole, la mente viene quindi identificata con il Brahman”.

Nel suo bhAshya sulla Bhagavad Gita, 6.19, Shri Shankara scrive: “Una lampada non lampeggia quando si trova in un luogo senza vento. Una simile lampada è paragonata alla mente di uno yogi la cui mente è sotto controllo quando è impegnata nella concentrazione sul Sé”.

La mente rimane incosciente nel sonno profondo. La sua sostanza estremamente sottile e trasparente riceve, nello stato ordinario, la coscienza riflessa della coscienza del Sé. Per questo motivo sembra essere senziente, anche se è in realtà è inerte. Tutta la conoscenza sorge solo attraverso un'adeguata modifica della mente, corrispondente all'oggetto della conoscenza. Ma nella concentrazione sul Sé la mente si identifica con il Brahman.

Panchadashi, 2.13 [...] “La mente è la causa della schiavitù, oltre che della liberazione".

Amitabindu Upanishad, mantra 2, dice che la mente è, in verità, la causa di schiavitù e di liberazione; immersa tra gli oggetti di senso, conduce alla schiavitù; libera dall'attaccamento agli oggetti, la stessa mente conduce alla liberazione.

BrIhadAraNyaka upanishad, 1.5.3: "Desiderio, risoluzione, dubbio, fede, mancanza di fede, fermezza, incostanza, modestia, conoscenza, paura - tutto questo è solo (forma della) la mente”. Il significato di questa affermazione è che tutti questi stati sorgono nella mente. La mente apprende una vRitti appropriata, cioè una forma o un comportamento, quando uno di questi fenomeni si presenta. Questi sono conosciuti dalla coscienza-testimone non appena insorgono, senza l'aiuto degli organi di senso esterni. Sono quindi chiamati 'sAkShi pratyakSha' o percepiti direttamente dalla coscienza-testimone.

La mente è la causa della felicità e dell'infelicità. La felicità è il risultato della calma della mente. La mente si calma temporaneamente quando si realizza un desiderio particolare, e quindi si sperimenta una temporanea felicità. Ma presto un altro desiderio affiora e agita la mente, causando infelicità. Quindi è chiaro che la felicità duratura non può essere raggiunta con la soddisfazione dei desideri.

Brahdaranyaka Upanishad, dice "etasyaiva Anandasya anyAni bhUtAni mAtrAm upajIvanti" -Tutte le creature godono solo di una particella di questa beatitudine (la Beatitudine è la natura stessa del Brahman). Pensiamo erroneamente che la felicità provenga da oggetti esterni. Tutta la felicità di cui godiamo è solo un riflesso di brahmAnanda, della felicità del Brahman sperimentata di riflesso nella mente, ma quando la mente è pacificata si ha la chiave per una felicità duratura. Una felicità vera e duratura può risultare solo se la mente è stabilmente in quiete. Secondo il Vedanta, la quiete può essere raggiunta solo se i desideri, che sono la causa dell'agitazione mentale, sono completamente eliminati. Si giunge perciò alla conclusione che il totale distacco verso tutti i piaceri mondani (Vairagya) sia l'unico mezzo per il raggiungimento della felicità vera e duratura, che è brahmAnanda. Vairagya è il requisito più essenziale per una persona che desidera raggiungere la conoscenza di Sé, che porterà alla beatitudine.

Sempre Gaudapada, nel verso III, 46-47: “Quando la mente non tende più a dissolversi né ad agitarsi, quando diventa stabile e non produce immagini, ecco che diventa veramente il Brahman.
La più elevata beatitudine esiste nel proprio Sé. E' quieto, identico alla liberazione, indescrivibile e non-nato”.

Si dice in Vivekachudamani che colui che cerca di raggiungere la conoscenza di Sé senza coltivare il distacco è come una persona che cerca di attraversare un fiume sul dorso di un coccodrillo, scambiandolo per un tronco di legno galleggiante. È sicuro che questi sarà ucciso dal coccodrillo a metà strada. Il requisito essenziale per un aspirante spirituale è la purezza della mente. Esistono sei nemici dell'aspirante spirituale e tutti questi abitano nella mente. Questi sono desiderio, rabbia, avidità, infatuazione, orgoglio e gelosia. Di questi, il primo, il desiderio, è la causa degli altri cinque. Questo è il motivo per è posta tanta enfasi sulla distruzione del desiderio dalla mente.

La Chandogya Upanishad spiega come la mente può essere purificata: "Dalla purezza del cibo segue la purezza dell'organo interno (mente). Dalla purificazione dell'organo interno proviene la memoria infallibile. Quando la memoria è perfetta, tutti i nodi del cuore sono tagliati". Shri Shankara spiega così questo passaggio nel suo bhAshya: Per cibo si intende tutto ciò che è goduto attraverso i sensi. Ciò che si intende è che tutti gli oggetti fruiti dovrebbero essere liberi da difetti come attaccamento, repulsione o errore. Quando tutto ciò che si fruisce, con i sensi e con la mente, è puro, l'organo interno diventa puro. Dalla purificazione dell'organo interno sorge la memoria originaria del Sé Infinito. Segue poi la distruzione di tutti i legami nati dalla nescienza che si erano induriti in vAsana (impressioni, condizionamenti) accumulate in innumerevoli vite. Pertanto si dovrebbe garantire che tutto ciò che nutre lo spirito sia puro.

"Si diventa ciò che si pensa, questo è l'eterno mistero.
Bisogna invero, con ogni sforzo purificare il pensiero " - Maitry Upanishad, VI,34

La mente il cui interesse e cui desideri siano fissati con continuità nella realizzazione del Brahman, può pertanto aspirare a conoscere la beatitudine dell'Essere.

[Alcuni riferimenti di questo articolo sono tratti da "The mind, according to advaita Vedanta", di S.N.Sastri.
Immagine: Frederic Leighton: Weaving the Wreath, 1872]

La Tradizione degli Yogi

GORAKHNATH E LA TRADIZIONE NATH

 

Adya (il principio maschile primordiale) e Adyā (il principio femminile primordiale) erano i due antichi dei che diedero inizio alla creazione. Successivamente nacquero quattro Siddha, dopo di loro nacque una ragazza, il cui nome era Gaurī. Per ordine di Adya, Śiva la sposò e discese sulla Terra. I nomi di quei quattro Siddha erano Mīnnāth (Matsyendranath), Gorakṣnath, Hāḍiphā (Jalendharnath) e Kānphā. Dal momento in cui furono creati, restarono assorti dalla pratica dello yoga e si sostenevano solo di aria. Goraksh Nath era al servizio di Mīn-nāth e Kanphanath era di Hāḍipā. 

dal Navanath Katha

Goraksha Sataka

La Centuria dei Versi di Gorakhnath

Om! Incomincia la centuria di Goraksha sull'Hata Yoga!
1. Mi inchino al venerabile Guru Matsyendranath, supremo bene, incarnazione della gioia; la cui semplice prossimità trasforma il corpo in pura coscienza e beatitudine.
2. Colui che, in virtù della paatica dell'adhdrbandha e delle altre tecniche posturali, illuminato dalla luce della coscienza, è lodato come Yogi e quale essenza e misura del tempo, degli yuga e dei kalpa, Colui in cui il Signore, oceano di conoscenza e beatitudine, ha preso forma, Colui che è superiore a tutti gli attributi qualitativi, manifesti e immanifesti, questi, Sri Minanath, io saluto devotamente
3. Avendo salutato con devozione il proprio Guru, Gorakhnath descrive la suprema conoscenza, ricercata dagli yogi, che conduce al Bene supremo.
4. Per il bene degli Yogi, Goraksa espone la Centuria di versi la cui conoscenza è il percorso sicuro verso lo stato supremo.
5. Questa è la scala che porta alla liberazione, per cui la mente è distolta dalle gioie dei sensi e si rivolge allo spirito, e con cui si sfugge la morte.

 

SIṢYĀ DARSAN

OṂ. Dall'eterno, l'Om emerge. Dall'Om, lo spazio [ākāś] emerge. Dallo spazio, l'aria emerge. Dall'aria, il fuoco emerge. Dal fuoco, l'acqua emerge. Dall'acqua, la terra emerge. La forma della terra è la bellezza della Dea. La forma dell'acqua è l'aspetto di Brahma. La forma del fuoco è la maya di Vishnu. La forma dell'aria è il corpo di Dio. La forma dello spazio è l'ombra del Suono [Nad] La forma del Suono emerge dall'eterno.

ABHAI MĀĀTRĀ JOG

OM. Il lignaggio dei Perfetti, la via della saggezza, la vera terra, la postura naturale e il respiro, la medicina filosofale del respiro yogico, la grotta dell'autocontrollo, l'astinenza come perizoma, il decoro come cintura di castità, l'unità trascendente come scialle di meditazione, l'unione, l'Uddhiana Bandh, il vero mudra, la virtù come abito, il perdono come cappello, l'ardore come supporto, l'introspezione come sacca delle elemosine, la pazienza come bastone, la discriminazione come spada, la pratica ascetica come ruota, il chakra radice come ciotola per l'acqua, la mente come acqua, l'elisir come cibo, la compassione, la meditazione del segreto, il discernimento come libro, la lingua come alchimia...

 

Adesh Adesh

Quando due Yogi Nath si incontrano, usano la parla आदेश (Ādeśa)per rivolgersi l'un l'altro il saluto. Nel dizionario Sanscrito o Hindi troveremo che la parola ādeś si traduce come ordine, legge, comando o istruzione, ma i Nath associano a essa un significato molto più ampio.

La parola ādeśa è composta di due parti: आदः (ādaḥ), e ईश (īśa), dunque ādaḥ + īśa = Ādeśa. आदः (ādaḥ) significa ricevere o essere legati a, mentre ईश (īśa) significa signore, padrone, ed è anche uno dei nomi di Shiva; inoltre esprime anche eccellenza, abilità, potere. I Nath ritengono che fu Shiva stesso il fondatore del loro ordine, con il nome di आदिनाथ (Ādi Nātha), "Il Primo Nath", "Il Maestro Primordiale", che è unanimemente accettato dagli Yogi come Adi Guru (Primo Guru) e la Divinità sovrana del Nath Sampradaya. E' detto anche Yogeshvara (il Signore dello Yoga) l'ideale ascetico stesso, signore di austerità e penitenza, Signore degli spiriti e delle anime. Nel senso più ampio, Adi Nath si può tradurre come "il Signore Primordiale", nel suo ruolo di Signore di tutto il creato.

GORAKSHA VACANA SAMGRAHA.

Le istruzioni di Gorakhnath. 

1. Alcune persone desiderano la non dualità, altri desiderano la dualità. Ma non troveranno la Realtà, che è sempre e ovunque la stessa, diversa dalla dualità e dalla non dualità.
2. Se il Dio (Shiva) a cui tutto va è immutabile, pieno, indiviso, allora oh! La maya, la grande illusione, le false nozioni di dualità e non dualità.
3. Si dice che il supremo Brahman sia libero dall'esistenza e dalla non esistenza, libero da distruzione e generazione, al di là di ogni concezione.
4. Coloro che conoscono la Realtà lo conoscono come infinito spazio, vera conoscenza e beatitudine, ignoto al ragionamento e all'esempio, al di là della mente, dell'intelletto e delle altre funzioni.
5. Shakti è inerente a Shiva, Shiva è inerente a Shakti. Si deve riconoscere che non c'è differenza tra essi, come tra la Luna e la sua luce.
6. Quindi Shiva senza Shakti non potrebbe fare nulla. Ma dacché è unito al suo potere (shakti), è causa di tutte le forme sensibili.
7. Dotato di infinita Shakti, Shiva perpetua il manifestarsi di tutte le forme, eppure rimane uno solo, senza secondo, nella sua propria forma.

Adi Nath, Matsyendra Nath e Goraksh Nath. L'origine della tradizione Nath.

Da tempo l'India è riconosciuta come un importante centro della vita spirituale, che ha esercitato grande influenza sullo sviluppo di tutta la civiltà umana. La storia del paese è stata sempre segnata dalle storie di diversi grandi santi, Siddha e MahaYogi, che appaiono di volta in volta a guidare l'umanità verso ideali più alti, grazie all'esempio delle loro vite illustri.

Alcuni aspetti degli insegnamenti dei Nath

La posizione metafisica dei Nath non è monista né dualista. E' trascendente nel più vero senso della parola. Essi parlano dell'Assoluto (Nath), al di là delle opposizioni implicite nei concetti di Saguna e Nirguna, o di Sakara e Nirakara. Perciò, per essi il fine supremo della vita è realizzare se stessi come Nath e restare eternamente radicati al di là del mondo delle relazioni. La via per conquistare tale realizzazione è detta essere lo yoga, su cui investono molta energia. Sostengono che la Perfezione non si posa raggiungere con altri mezzi, se non con il sostegno della disciplina dello yoga.

I Siddha e la Via del Rasa

Un Siddha è qualcuno che si dice abbia raggiunto poteri sovrumani (Siddhi) o un Jivanmukthi, un liberato in vita. Il termine potrebbe anche essere tradotto come il raggiungimento della perfezione o dell'immortalità. Tale Siddha dotato di un corpo divino (divyadeha) è Shiva stesso (Maheshvara Siddha). È il perfetto, che ha superato le barriere del tempo, dello spazio e dei limiti umani. Un Siddha nella sua forma idealizzata è liberato da tutti i desideri (anyābhilāṣitā-śūnyam), colui che ha raggiunto un'identità impeccabile con la Realtà suprema.

Gorakh Bani

 

Il Gorakh Bani è un poema sapienziale di epoca medievale attribuito a Gorakhnath, composto di 275 strofe, più una serie di composizioni aggiuntive, dette Pada.
E’ un testo dei più misteriosi e affascinanti. E’ il Sabad, la parola spontanea dell’illuminato, lontana dai canoni scolastici vedantini e dello yoga, invece enigmatica e fitta di allegorie ermetiche e di riferimenti alla vita del monaco errante, dello Yogi, del Siddha, e alla sadhana esoterica. Perciò è un testo complesso, anti-intuitivo, ironico, poi beatifico e estatico, a tratti oscuro, comunque veloce, ritmato e vivace.
E’ un poema scritto con l’intento di sfidare l’intelligenza e le aspettative del lettore, e perciò per destrutturare il linguaggio e la mentalità razionale, e con esso il pensiero di chi legge. Il suo scopo è spingere a tuffarsi nell’orizzonte – o nel logos – del siddha, che è l’outsider e il mago, l’enigma in persona, al di là del duale e del non duale: lo Yogi Gorakh è “il fanciullo che parla dal più alto dei cieli”.
Si tratta di un orizzonte di meditazione che è molto radicale rispetto a quelli in voga ai nostri giorni. Il testo offre molti punti letteralmente di appoggio, su cui sviluppare quel percorso di meditazione, come inteso originariamente, su cui lo yogi deve lavorare in autonomia. Si spalanca l’orizzonte della meditazione, in cui approfondire le singole stazioni.

A differenza del sapere religioso, ben noto e reiterato dalla tradizione tra i confini del "villaggio", il sapere che Gorakh incarna non può essere indicato tra le definizioni che sono postulate dai dotti, dalle usanze e dai sacerdoti. Egli è un sapere incarnato e vivente, sempre nuovo, imperituro e rinnovato dall’esperienza che nel tempo è maturata nella coscienza degli yogi che hanno intrapreso lo stesso cammino, che si illuminerà con l’immagine già misteriosamente addotta da Eraclito. “Un fanciullo che parla dall’alto dei cieli”.

La Parola (Sabad) che andiamo a esporre è esoterica, codice e chiave di accesso a un regno e un pensiero differenti. Nessuno può dire di possederla, poiché la sua espressione è il suo stesso occultamento e la sola chiave d’accesso è il risveglio che riesce a suscitare. Il Sabad deve procurare il risveglio della stessa condizione nell’interlocutore, risvegliare il Sabad. Non è un sistema normativo che si possa imporre, non è un’ideologia a cui si possa aderire, non è un argomento che si possa padroneggiare, non è una tesi che si possa confutare o un sistema da applicare alla lettera. Sabad è la libertà della Parola ispirata, dell’esperienza diretta, del cuore di chi parla, il riverbero del suono primordiale incausato. Sabad è il seme stesso che si getta nel terreno del cuore, dove Gorakh "ara il campo". Chi nasce da quel seme è "uno di noi".

 

Testo e commento del Gorakh Bani sono pubblicati su Satsang.it

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