Lo Raja Yoga in breve, di Swamy Vivekananda

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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

(in Raja Yoga, capitolo VIII)

Il fuoco dello Yoga brucia la gabbia del peccato che imprigiona l'uomo. La conoscenza si fa pura e il Nirvana è realizzato direttamente. Dallo Yoga proviene la conoscenza, e la conoscenza aiuta a percorrere la via dello Yoga. Colui che realizza in sé sia lo yoga che la conoscenza, di lui il Signore sarà soddisfatto. Quelli che praticano il Mahâyoga, o una volta al giorno, o due volte al giorno, o tre volte, o sempre, realizzano di essere dei.

Lo Yoga è divisibile in due parti. Una si chiama Abhâva, l'altra Mahayoga. Dove il proprio Sé è meditato come zero, privo di qualità, tale pratica si chiama Abhava. La pratica in cui si conosce il Sè come pienezza di beatitudine, privo di impurità, unito con Dio, è chiamata Mahayoga. Lo Yogi, da ciascuna delle vie, perviene a realizzare il Sé. Gli altri Yoga non meritano di essere classificati con il Mahayoga supremo, in cui lo Yogi realizza se stesso e l'intero universo come Dio. Questo è il più alto di tutti gli Yoga.

Yama, Niyama, Asana, Pranayama, Pratyahara, Dharana, Dhyana e Samadhi sono i passi dettati dallo Raja-Yoga. Sono chiamati Yama i precetti che impongono di: non esercitare violenza, praticare sempre la sincerità, non provare cupidigia, mantenere la castità, non accettare cose da altri. Queste osservanze purificano la mente, Chitta. Mai provocare dolore con il pensiero, la parola e l'azione, ad alcun essere vivente: è quello che viene chiamato Ahimsa, non violenza. Non c'è virtù più alta della non violenza. Non c'è felicità superiore a quella che si ottiene da questo atteggiamento, esteso a tutta la creazione.

Dalla verità abbiamo i frutti del lavoro. Attraverso la verità tutto è raggiunto. Con la verità tutto è stabilito. Conosci i fatti così come sono - questa è la verità. Non ottenere beni di nascosto o con la forza, si chiama Asteya, non cupidigia. La castità in pensieri, parole e azioni, sempre e in tutte le condizioni, è quello che viene chiamato Brahmacharya. Non ricevere doni da nessuno, nemmeno in caso di necessità, è quello che viene chiamato Aparigraha. Poichè quando un uomo riceve un dono da un altro, il suo cuore diventa impuro e meschino, perde la sua indipendenza, si intende legato e subordinato.

Le disposizioni che contribuiscono al successo nello Yoga sono chiamate abitudini, Niyama o regole e osservanze. Esse sono: tapas, austerità; svadhyaya, studio; Santosha, appagamento; Shaucha, purezza; Ishvara-pranidhana, adorare Dio. Il digiuno, o l'esercizio in altri modi del controllo del corpo, si chiama Tapas. la ripetizione dei Veda e dei mantra, con cui si purifica il Sattva, si chiama studio, Svadhyaya.

Ci sono tre tipi di pratica dei mantra: verbale, semi-verbale, mentale. L'esercizio verbale o sonoro è il più elementare, l'impercettibile è il più elevato. La ripetizione ad alta voce è detta verbale, nel passo successivo o semi-verbale solo le labbra si muovono, ma nessun suono viene emesso. La ripetizione impercettibile del Mantra, accompagnata dalla riflessione sul suo significato, è chiamata la "ripetizione mentale", ed è il livello più alto.

I saggi affermano che ci sono due tipi di purificazione, interni ed esterni. La purificazione del corpo con acqua, terra, o altri materiali è la purificazione esterna, come le abluzioni, ecc. La purificazione della mente con la verità, e per mezzo delle altre virtù,  viene chiamata la purificazione interna. Entrambe sono necessarie. Non è sufficiente che un uomo sia puro internamente, se esternamente è sporco. Quando non sia possibile purificare interno ed esterno,  la purezza interna è da privilegiare, ma nessuno sarà uno Yogi fino a che non ha completato entrambe le purificazioni. Il culto di Dio è compiuto con la lode, con il pensiero, con la devozione.

Abbiamo trattato di Yama e Niyama. Il passaggio successivo tratta delle Asana (posture). L'unica cosa da considerare a questo proposito è che si lasci il corpo libero, tenendo il petto, spalle e testa dritti. Poi arriva il Pranayama. Prana indica le forze vitali nel corpo, Ayama significa controllo. Ci sono tre tipi di Pranayama, il livello di base, l'intermedio, e il livello alto. Pranayama è costituito da tre parti: riempire, trattenere, svuotare. Si inizia con dodici secondi, al livello base di Pranayama, poi si passa a 24 secondi nel livello intermedio; il livello superiore del Pranayama inizia con 36 secondi. Nel primo livello di Pranayama si ha sudorazione, nel livello intermedio si può avvertire tremore, e nel livello più alto del Pranayama si può sperimentare la levitazione del corpo e la suprema beatitudine. Il Gayatri Mantra è un versetto sacro dei Veda: "Meditiamo sulla gloria dell'Essere che ha creato questo universo, possa Egli illuminare le nostre menti." La pronuncia della sillaba Om è associata al mantra all'inizio e alla fine. In un Pranayama si ripetono tre Gayatri.  I testi spiegano il Pranayama suddiviso in tre fasi: Rechaka (espirazione), Puraka (inspirazione), and Kurnbhaka (trattenimento).

Gli Indriya, gli organi dei sensi, agiscono proiettandosi verso l'esterno, a contatto con oggetti esterni. Portandoli invece sotto il controllo della volontà si ha il Pratyahara o ritiro in se stessi. Fissare la mente sul loto del cuore, o al centro della testa, è chiamato Dharana.  Fissare un punto, tenendolo ben fermo, fa sperimentare un particolare tipo di onde mentali; queste non si mescolano ad altri tipi di onde, ma gradualmente prevalgono, mentre le altre sfumano fino a scomparire. Infine la varietà delle onde si placa e una sola onda rimane nella mente. Questo è Dhyana, la meditazione. Quando non occorre alcun supporto, quando tutta la mente è diventata una sola onda, unitaria, questo stato è chiamato Samadhi. Privo del sostegno di oggetti, solo il nucleo del pensiero è presente. Se la mente resta ferma al centro per dodici secondi si ha lo stato detto Dharana, dodici Dharana formano un Dhyana, e dodici Dhyana un Samadhi.

Dove c'è il fuoco, o in acqua o su un terreno che è cosparso di foglie secche, dove ci sono molti formicai, dove ci sono animali selvatici, o  pericoli, dove quattro strade si incrociano, dove c'è troppo rumore, dove ci sono persone malvagie, lo Yoga non deve essere praticato. Non è consigliato praticare quando il corpo è molto stanco o malato, o quando la mente è depressa o sofferente. Si trovi un posto che è ben nascosto, e dove la gente non possa disturbare. Si evitino luoghi sporchi. Invece è da preferire un panorama naturale, o una stanza della propria casa che sia accogliente. Quando si pratica, innanzitutto si  salutino tutti gli yogi dei tempi antichi, il proprio Guru e Dio, e poi si proceda.

Dhyana: si sieda dritti, e si guardi la punta del naso. Ciò concentra la mente, attraverso il controllo dei due nervi ottici, quindi favorisce il controllo di un tipo di reazione, per arrivare al controllo della volontà. Ecco alcuni esempi di meditazione. Immaginate un loto sulla sommità della testa, alcuni  centimetri sopra, con la Virtù al suo centro, e la Conoscenza come peduncolo. Gli otto petali del loto sono gli otto poteri dello Yogi. All'interno, gli stami e i pistilli sono la Rinuncia. Se lo yogi rifiuta il potere esteriore, otterrà la salvezza. Così gli otto petali del loto sono le otto potenze, ma gli stami e pistilli interni sono rinuncia estrema, la rinuncia a tutti questi poteri. All'interno di quel loto si ponga il pensiero dell'Essere, l'Onnipotente, l'immateriale, il cui nome è Om, l'inesprimibile, circondato di luce splendente. Meditate su questo. Ecco un'altra meditazione. Si pensi ad uno spazio nel cuore, e nel mezzo di quello spazio si veda che arde una fiamma. Si pensi alla fiamma come la propria anima e dentro la fiamma si osservi un'altra luce splendente, e che è l'anima dell'anima, Dio. Meditate questo nel cuore.

La castità, la non violenza, il perdono anche per il più grande nemico, la verità, la fede nel Signore, questi sono le Vritti. Non abbiate paura se non sono perfette, con il lavoro arriveranno a compiersi. Chi ha abbandonato ogni attaccamento, la paura e la rabbia, colui la cui anima è offerta completamente al Signore, colui che ha trovato rifugio nel Signore, il cui cuore si è purificato, qualsiasi desiderio domandi al Signore, Egli lo concederà a lui. Pertanto adoratelo attraverso la conoscenza, l'amore, e la rinuncia.

"Colui che non odia, che è amichevole con tutti, che è compassionevole verso tutti, che non ha nulla di suo, che è libero da egoismo, la cui mente non vacilla  nel dolore e nel piacere, che è tollerante, che è sempre soddisfatto , che si esercita sempre nello Yoga, che possiede controllo di sé, la cui volontà è ferma, la cui mente e l'intelletto sono rivolti a Me, questi è il mio Bhakta prediletto. Chi non arreca offesa, e non è offeso da altri, colui che è privo di gioia, rabbia, paura e ansia, costui è il mio diletto. Colui che non dipende da nulla, che è puro e attivo, che non si preoccupa se capitano il bene o il male, e mai diventa meschino, chi ha rinunciato a tutti gli atti egoistici, che accetta la lode e il biasimo, con la mente assorta e silenziosa, che benedice ciò che riceve, che è senza casa, e abita  il mondo intero come la sua casa, e che è fermo nei suoi ideali , costui è il mio Bhakta amatissimo." Solo costoro possono dirsi Yogi.

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C'era un grande saggio divino, chiamato Narada. […] Un giorno, mentre attraversava la foresta, vide un uomo che aveva meditato fino al punto che le formiche avevano costruito un enorme tumulo sul suo corpo, poichè era rimasto seduto nella stessa posizione per lungo tempo. Ed egli chiese a Narada: "Dove stai andando?" Narada rispose: "Io vado in cielo". "Allora chiedi a Dio quando Egli sarà misericordioso verso di me, quando raggiungerò la libertà." Poi Narada vide un altro uomo. Saltellava selvaggiamente, cantando e ballando, e disse: "Oh, Narada, dove stai andando?" La sua voce e i suoi gesti erano incolti. Narada disse: "Io vado in cielo". "Allora, chiedi quando sarò libero." Narada proseguì. Tempo dopo tornò di nuovo sulla stessa strada, e vide l'uomo che meditava coperto dal formicaio.  Questi gli disse: "Oh, Narada, hai chiesto al Signore di me?" “Oh, sì." "Che cosa ha detto?" "Il Signore mi ha detto che dovresti realizzare la libertà con quattro nascite ancora". Allora l'uomo cominciò a piangere e lamentarsi: "Ho meditato fino al punto che un formicaio è cresciuto su di me, e ho quattro nascite ancora!" Narada andò dall'altro uomo. E questi gli chiese: "Hai portato la mia domanda?" "Oh, sì. Vedi questo albero di tamarindo? Devo dirti che quante sono le foglie su quell'albero, tante volte dovrai nascere, e quindi raggiungerai la libertà." L'uomo cominciò allora a ballare di gioia: "Avrò la libertà in così poco tempo!"
Una voce invisibile allora disse: "Figlio mio, avrai la libertà in questo momento." Questa fu la ricompensa per la sua perseveranza. Era pronto ad affrontare tutte quelle nascite, niente lo scoraggiava. Ma il primo uomo riteneva che anche quattro nascite fossero troppe. Solo la perseveranza, come quella di colui che è disposto ad aspettare eoni, produce il risultato più alto.

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