Altri Visionari

VISIONAIRE.ORG

Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

La prima preoccupazione consisteva nel dire che, con la scrittura, gli dei e gli eroi avevano lasciato la terra, diventando invisibili agli uomini. Ancora si raccomanda, ingenuamente, di non prestare troppa fede alla mente e ai libri, come se esistesse un vero e proprio nesso causale. Ma forse si incominciò a scrivere dopo che quelli avevano lasciato la terra, sempre che l'abbiano lasciata. Era veramente come se quello che più si può dire umano fosse scomparso, estinto. E qualcosa come una macchina ne prendesse il posto. O invece si cercava di descrivere il problema di cogliere/essere il presente, che è un problema tangente, ma non lo stesso, non esistendo un nesso causale. Non è questo o quello, in verità. Scrivere poneva il problema di non essere. La cosa che accadeva non era sensibile alla possibilità di udire l'inudibile, il Suono Incausato, che indica e presiede il nodo del cuore, là dove si può improvvisamente rovesciare il senso dato in qualcosa di inatteso, impensabile, paradossale. Dove il mondo si rovescia nel suo opposto, dove si incontrano i piani, i vivi e i morti, i viventi e gli eterni, l'io e l'altro, dove dimora il Sé. Su questa soglia, allora, doveva abitare il poeta.

Ne discende, non secondario, il gioco dell'enigma. Ci sono due modi di esporre la verità, e/o la sua via: uno che ha il suo modello nella distruzione del problema, a favore di una rapida soluzione, uno che distrugge il discente a favore di una superiore realizzazione: questi sono i due modelli irriducibili; uno metterà una pseudo verità alla portata dell'ascoltatore, erodendo nel tempo l'oggettività di quello che voleva rappresentare a favore della sua rappresentazione; l'altro si offrirà sempre non detto, ma resterà effettivamente udibile, visibile a attingibile, forse anche per sempre, relativamente per sempre. Di questo ultimo problema discorrono i mistici che si consumano di amore per un oggetto mai posseduto, che mai può essere consumato. La cosa non è possibile ed è perciò pura visione, turbamento, desiderio e rischio. Non resta che gettarsi in quella distanza, sapendo di essere comunque perduti. Se il primo metodo assicura, per così dire, il possesso di una conoscenza, come si possiedono beni e altri averi, al prezzo dovuto, l'altra conoscenza parla solo al posseduto. Il suo adepto parla quindi come un invasato, come gli uccelli cantano. Le sua parola è l'Enigma che, come è noto, richiede la morte del suo risolutore. 

Beatrice Udai Nath

Visioni e Darshan
    • Le qualificazioni del Discepolo

      [tratto da "Fuoco dei Filosofi" Raphael, per le Edizioni Asram Vidya] Non si può non riconoscere che ogni attività (professione, ecc.) profana-sociale esige una certa attitudine, una predisposizione e qualificazione; potremmo persino parlare di vocazione. Per ogni funzione occorre, dunque, l'idoneità attinente a quella particolare sfera. Spesso si possono avere non bravi professionisti o lavoratori perché non si é portati per quello specifico ruolo, perché si manca appunto di vocazione o di attitudine. Questa, se non sempre, può essere comunque sviluppata, sebbene può capitare che il soggetto neanche sappia di averla. Anche nel campo spirituale vige la stessa legge; un candidato privo di vocazione, di predisposizioni e qualificazioni, potrebbe fare ben poco. Per quanto possa seguire un sentiero, sarà pur sempre un cattivo aspirante. Inoltre, come per seguire una qualsiasi professione occorrono studio, tempo, abnegazione e grande serietà, così per seguire un sentiero spirituale, o iniziatico,...

    • Mente, apprendimento e meditazione nell'Advaita Vedanta. La Mente e la funzione dei Mahavakya.

      La mente, che è chiamata 'organo interno' (antaHkaraNam), è indicata con quattro nomi in base alle rispettive funzioni: manas, buddhi, chittam e ahamkAra. La funzione del pensiero è conosciuta come manas, che designa l'attività della mente ordinaria, come comportamento, esperienza di piacere, repulsione, reazione e relazione. Quando viene presa una decisione, appellandosi al senso etico, alla verità, al discernimento, è detta buddhi o intelletto. La funzione di memorizzare le esperienze e le informazioni, e di compiere operazioni formali, è chiamata chittam. Il senso dell'io è ahamkAra. La parola "antaHkaraNam" è anche usata per la mente nel suo complesso quando queste distinzioni non sono espresse. L'ascolto e la meditazione dei mahAvAkya, secondo il pensiero vedantico, dà origine alla conoscenza del Sé, facendo assumere alla mente la "forma" del Brahman, secondo la formula espressa nell'insegnamento impartito. Questa facoltà “plastica” della mente, di prendere la forma del...

    • L'educazione della mente nel Vedanta. Ascolto, riflessione e meditazione nella pratica dell'Advaita Vedanta

      ShravNa, Manana, NidhidhyAsana. [adattamento da I Discorsi di Sri Chandrasekarendra Saraswati] L'analisi mentale dell'Upadesha (insegnamento) attraverso la riflessione costante è l'esercizio detto Manana. Successivamente, quando non esiste più necessità e scopo per ulteriore analisi e discussione, si procede con NidhidhyAsana, che è lo stato in cui la mente è concentrata esclusivamente nell'identificazione con l'atman- tattva, su cui si è giunti a una perfetta chiarezza, e la mente non è scossa da alcun movimento.Shankaracharya, nel trattato sulla Discriminazione tra Atman e anatman (AtmA-anAAtma-vivekam) ha descritto in prosa, mediante domande e risposte, il contenuto delle espressioni “ShravaNa” ”manana” e “nidhidhyAsana”. La verità che è insegnata nel Vedanta è espressa nelle dichiarazioni (Mahavakya) dei Veda, che vengono esposte e dimostrate dal Guru secondo un procedimento tradizionale. Ascoltare e ricevere questo insegnamento è detto shravaNaM. Avendo imparato a conoscere...

    • I molteplici stati di coscienza nello Yoga e nello sciamanesimo

      di Pio Filippanio Ronconi Qualsiasi studio che si proponga di sceverare la natura, le tecniche, i fini e le tappe progressive dello Yoga, come anche di quell’insieme di pratiche e di riti estatiche caratterizzano lo Sciamanesimo, si troverà di fronte alla difficoltà di superare il limite puramente descrittivo, ad esempio degli anga dello Yoga o delle fasi di iniziazione e della pratica sciamanica, che ben poco possono rivelare circa la realtà intima – il Wesen – del sistema esoterico o estatico preso in esame.Si tratta di un problema epistemologico: per intendere questo elemento, che costituisce lo scenario interiore sul quale lo sciamano compie le sue pratiche, occorre penetrare imaginativamente negli stati di coscienza nei lo yogin, il mago” o lo sciamano s’immerge lucido e vegliante, e intendere il rapporto fra questi stati di coscienza – che ritroviamo descritti in una miriade di opere dagli Yogasûtra di Patanjali fino ai Tantra saiva, vaisnava o sâkta – e il mondo obiettivo...

    • Metafisica del Fuoco Sacro

      di Pio Filippani Ronconi Nel trattare la dimensione metafisica del Fuoco sacro presso le genti arie, ci siamo imposti di limitarci all’àmbito storicamente più antico e, perciò, a nostro avviso, più ricco di significati primordiali, cioè il periodo vedico, il cui retaggio ci è stato miracolosamente conservato dalla remota protostoria fino al giorno d’oggi, sia per la parte dottrinale, che per quella liturgica, ma soprattutto – grazie alla peculiare vocazione dell’ambiente indiano – per quanto riguarda l’interiorizzazione del rito e del mito, la realizzazione dell’elemento-agní nella coscienza visionaria del sacerdote. E penso che ricorrere all’ausilio della tradizione indiana e di quella – importantissima – iranica per recuperare le interiori fattezze del Fuoco sacro, sia particolarmente utile ai fini della ricostruzione vivente di quel Fuoco “occidentale” che tentiamo di ritrovare nella nostra Roma, onde rievocare la cosiddetta Pax Deorum passata all’invisibilità dai tempi di...

    • Raimon Panikkar: Gayatri Mantra

      Aum Bhur Bhuvah SvahTat Savitur VarenyamBhargo Devasya DhimahiDhiyo Yo Nah Prachodayat [Rg Veda 111,62,10 ] Il Signore dei tre mondiquel sole invochiamodivino vivificatore, che illumina gli astri e gli dei,perchè illumini la nostra mente. «Non c’è nulla di più sublime della Gàyatri». Esso è il mantra più famoso dei Veda, rivolto al divino donatore di vita come Dio supremo, simbolizzato in Savitr, il Sole. Per questo motivo la preghiera si chiama anche Savitr. È recitata ogni giorno al sorgere e al tramontare del sole, di solito al momento del bagno rituale. Questo mantra deriva il suo nome dal metro in cui è scritto, la gàyatrì, che è un metro poetico vedico di ventiquattro sillabe, il cui autore, secondo la tradizione, fu il saggio Visvàmitra.Per cogliere la rilevanza di questo testo sacro dobbiamo ricordare l’importanza di un mantra, specialmente nel periodo vedico, anche se il mantra è un fenomeno umano primordiale riscontrabile praticamente in tutte le tradizioni religiose. I mantra...

    • Logos e Brahman: raffronto tra il pensiero di Eraclito e le dottrine indiane

      Logos e Brahman: raffronto tra il pensiero di Eraclito e le dottrine indianedi Ada Somiglianada «Sophia», gennaio-giugno 1959, pp. 87-94.   Gli studiosi sono, per lo più, d'accordo sul valore che ha in Eraclito il termine Logos da un punto di vista generale; ma le opinioni divergono, quando si scenda al particolare e si debba spiegare in quali rapporti esso si trovi con determinati concetti espressi dal filosofo che, si comprende bene, debbono essergli collegati. G. S. Kirk, in un suo recente saggio nella Revue philosophique [1], scrive: «Logos si trova nel fr. 1, nel fr. 2 e nel fr. 50. La difficoltà è che non sappiamo ciò che Logos voglia dire in questo senso». E continua: «Si tratta di qualche cosa che si può intendere e di cui si può sentir parlare (fr. 1), o di qualche cosa che si può ascoltare (fr. 50), o seguire e alla quale si obbedisce (fr. 2); tutte le cose avvengono secondo essa (fr. 1), essa è comune (ciò vuol dire, probabilmente, presente in tutte le cose, dunque...

    • Eraclito: Frammenti

      Di questo lógos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso lógos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole ed in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo. (frammento 1)[10] Quindi si deve seguire ciò che è comune. Ma ben che comune sia questa verità che io insegno, i molti vivono come se avessero un proprio pensiero loro. (frammento 2) Se la felicità fosse nei piaceri del corpo, diremmo felici i buoi, quando trovano veccie da mangiare. (frammento 4) Si purificano insozzandosi con altro sangue, come se uno, cacciatosi nella melma, si detergesse con la melma. Se qualcuno lo vedesse far questo, lo riterrebbe folle. E rivolgono preghiere a queste statue,...

    • Parmenide filosofo e guaritore sacro. Il viaggio ultraterreno dello iatromante e l'origine sciamanica della filosofia.

      I. I ritrovamenti di Velia.   Nel 1958 le spedizioni archeologiche di Pellegrino Claudio Sestieri e Mario Napoli nei territori italiani, dove un tempo sorgeva Velia, misero in luce qualcosa di sconvolgente per il pensiero filosofico contemporaneo. I ritrovamenti erano semplici iscrizioni che testimoniavano la presenza a Velia di un forte culto per Apollo Oulis. Diffuso per lo più nelle regioni costiere dell’Anatolia occidentale – ossia le terre di provenienza dei focei, Apollo veniva pensato e venerato come distruttore che risana e guaritore che distrugge. Gli uomini a cui le tre iscrizioni facevano riferimento erano chiamati guaritori e phōlarchós. L’uomo votato ad Apollo è un guaritore e caso vuole che Asclepio – mitico fondatore della medicina – sia figlio di Apollo. La guarigione non è chiaramente quella che noi oggi comunemente intendiamo, piuttosto in quel contesto significava l’entrare in una dimensione altra rispetto quella vissuta, un livello di consapevolezza tale che è...

    • Parmenide: Poema sulla Natura

      (Proemio del Poema) Le cavalle che mi portano fin dove il mio desiderio vuol giungere,mi accompagnarono, dopo che mi ebbero condotto e mi ebbero posto sulla via che dice molte cose,che appartiene alla divinità e che porta per tutti i luoghi l’uomo che sa.Là fui portato. Infatti, là mi portarono accorte cavalle tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via.L’asse dei mozzi mandava un sibilo acuto,infiammandosi – in quanto era premuto da due rotanticerchi da una parte e dall’altra – quando affrettavano il corso nell’accompagnarmi,le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case della Notte,verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo.Là è la porta dei sentieri della Notte e del Giorno,con ai due estremi un architrave e una soglia di pietra;e la porta, eretta nell’etere, è rinchiusa da grandi battenti.Di questi, Giustizia, che molto punisce, tiene le chiavi che aprono e chiudono.Le fanciulle, allora, rivolgendole soavi parole,con accortezza la persuasero,...

    • Henry Corbin: la Povertà Mistica e il Silenzioso Clamore dell’Essere.

      [Tratto dal saggio di Tom Cheetham “Within This Darkness: Incarnation, Theophany and the Primordial Revelation” http://www.esoteric.msu.edu/VolumeIV/Darkness.htm]Questa meditazione fu scritta da Henry Corbin nel 1932 sulle rive del Lago Siljan in Svezia all’età di 29 anni. Lui la intitolò ‘Teologia sulle sponde del lago’: “Tutto è rivelazione; esiste solo ri-velazione. Ma la rivelazione proviene dallo Spirito, e non si ha conoscenza dello Spirito.Presto sarà il tramonto, ma ancora le nuvole sono nitide, i pini non sono ancora immersi nell’oscurità, poiché il lago li illumina in trasparenza. E tutto è verde, squillante come il canto all’unisono di tutte le canne di un organo. Si deve ascoltarlo seduti, molto vicini alla Terra, con le braccia incrociate, gli occhi chiusi, fingendo di dormire.Non è necessario avanzare imperiosi, come un conquistatore e voler dare un nome alle cose, a tutto; esse ti diranno chi sei, se ascolti, ardendo di desiderio come un amante. Poiché all’improvviso,...

    • Henry Corbin: Mundus Imaginalis, o l’Immaginario e l’Immaginale (1)

      Offrendo le due parole latine mundus imaginalis come titolo di questa discussione, intendo provare a definire un ordine di realtà che corrisponda a un certo tipo di percezione, poiché la terminologia latina ha il vantaggio di fornire un punto di riferimento tecnico preciso, con cui confrontare i più o meno idonei equivalenti dei linguaggi moderni occidentali. Ma farò subito un’ammissione. La scelta di queste due parole mi si impose qualche tempo fa, poiché non mi era possibile, per quello che traducevo o dicevo, essere soddisfatto dal termine ‘immaginario’. Non si tratta in nessun modo di una critica verso chi adopera per necessità questa parola, se cerchiamo insieme di giungere ad una sua positiva rivalutazione. A prescindere dai nostri sforzi, però, non possiamo evitare che il termine ‘immaginario’, nell’uso corrente e non deliberato, sia l’equivalente di non-reale, qualcosa che indica ciò che rimane estraneo all’essere e all’esistente – in breve, utopistico. Perciò ero...

    • Henry Corbin: Mundus Imaginalis, o l’Immaginario e l’Immaginale (2)

      [Parte 2] II. L’IMMAGINAZIONE SPIRITUALEOra toccheremo un punto decisivo cui tutto il precedente discorso ci ha preparati, precisamente della facoltà che permette l'ingresso nel mundus imaginalis, la migrazione all’ “ottavo clima”. Qual è la facoltà per la quale avviene la migrazione – migrazione che segna il ritorno ab extra ad intra (dall’esterno all’interno), l’inversione topologica (intussuscezione)? Non si tratta dei sensi e nemmeno delle membra dell’organismo fisico, né del puro intelletto, ma del potere intermedio la cui funzione sembra essere di mediatore preminente: l’Immaginazione attiva. Cerchiamo di essere molto chiari nel parlare di questo. Si tratta della facoltà che permette la trasformazione degli stati spirituali interiori in stati esteriori, in visioni-eventi che simbolizzano quegli stati interni. Per mezzo di questa trasmutazione si completano tutte le forme di evoluzione nello spazio spirituale, ovvero, questa trasmutazione è ciò che spazializza lo spazio, che...

    • Dalla Ragione all'Immaginazione Demonica: Plotino e Marsilio Ficino sullo Spirito Tutelare dell'Anima

      di Anna Corrias ENNEADI III.4.3: SUL DEMONE GUARDIANO CHE CI E’ DATO IN SORTE Nel vasto numero di trattati che compongono le Enneadi, alcuni di essi, grazie al loro contenuto filosofico, hanno incontrato subito il favore degli studiosi, diventando oggetto di analisi approfondite e di commenti minuziosi, mentre altri sono rimasti quasi del tutto inosservati. A quest’ultima categoria appartiene il Trattato 15(Enneadi III.4.3) che Porfirio, incaricato di pubblicare gli scritti del maestro, intitolò: “Sul demone guardiano che ci è dato in sorte”. In esso, l’argomento principale è il demone che ogni anima riceve come guida della sua incarnazione terrestre. Tuttavia il Trattato 15 si presenta più come un’indagine sull’anima che sulla natura dei demoni. D’altra parte, il testo rappresenta la prosecuzione del Trattato 11 (Enneadi V.2), dove Plotino indaga il processo di generazione di tutti gli esseri che procedono dall’Uno. Come ha sottolineato Matthieu Guyot, la risposta alla domanda con cui...

    • La saggezza ermetica e l’Intelletto universale

      [Tratto da Titus Burckhardt, ALCHIMIA - Significato e visione del mondo] La visione ermetica delle cose si fonda sull'analogia fra l’universo – il macrocosmo – e l’uomo – il microcosmo - : analogia il cui asse o la cui chiave di volta è lo Spirito o Intelletto universale, prima emanazione dell’Uno assoluto.L’universo e l’uomo si rispecchiano l’uno nell’altro: tutto ciò si trova nel primo deve necessariamente trovarsi, in un modo o nell’altro, anche nel secondo. Tale corrispondenza potrà essere meglio intuita riconducendola, anche se in via del tutto provvisoria, alla relazione soggetto-oggetto, conoscente-conosciuto: il mondo, in quanto oggetto, si riflette a tal punto nello specchio del soggetto umano che non ci sarebbe possibile percepirlo al di fuori di quest’ultimo.Mentre il soggetto, lo specchio, esiste solo per quello che vi si riflette. Queste due polarità possono anche essere distinte, ma in nessun caso separate. Empiricamente, il soggetto si identifica con l’Io; e poiché...

    • I Siddha e la Via del Rasa

      Un Siddha è qualcuno che si dice abbia raggiunto poteri sovrumani (Siddhi) o un Jivanmukthi, un liberato in vita. Il termine potrebbe anche essere tradotto come il raggiungimento della perfezione o dell'immortalità. Tale Siddha dotato di un corpo divino (divyadeha) è Shiva stesso (Maheshvara Siddha). È il perfetto, che ha superato le barriere del tempo, dello spazio e dei limiti umani. Un Siddha nella sua forma idealizzata è liberato da tutti i desideri (anyābhilāṣitā-śūnyam), colui che ha raggiunto un'identità impeccabile con la Realtà suprema. Per un Siddha, il mondo è un campo di gioco (Lila kshetra) in cui sperimenta l'assoluto come il mondo fenomenico. Quindi, in questo caso, la ricerca dello stato di Jivanmukthi è la libertà dai vincoli e dalle debolezze umane, che sembra (ai profani) differente da Moksha, la totale liberazione dall'esistenza. Un Siddha è quindi un mago che sfida la morte e che fa miracoli. Lui è nel mondo, eppure, è fuori di esso. Per un Siddha, il mondo è...

    • Narada Bhakti Sutra

      1. Ora, dunque, si espone la dottrina della devozione.2. La devozione è l’amore perfetto per Dio.3. Il perfetto amore per il Signore, chiamato devozione suprema, è immortalità.4. Con la devozione suprema, il devoto raggiunge la perfezione e l’immortalità, o la piena realizzazione di Sé.5. Avendo raggiunto tale devozione smette ogni preoccupazione, mai più si rattrista, non odia, non si diletta di nulla e non si illude con piacere o godimento.6. Avendo conosciuto la devozione, se ne diventa intossicati, ci si fa silenziosi, e infine assorti nel Sé.7. Poiché la devozione è conforme alla rinuncia, non c’è alcun elemento di desiderio nell’amore divino.8. La rinuncia, infatti, è nell’abbandono totale di tutti i piaceri laici e le attività religiose.9. La devozione è rivolgere il cuore pienamente al Signore, e provare completa indifferenza per tutti gli altri oggetti, contrari ad essa. Questa è la natura della rinuncia. (Nirodha).10. La rinuncia a tutti i supporti è la devozione del...

    • Ramakrishna e la Visione di Kali. L'Estasi divina.

      LA PRIMA VISIONE DI KALI […] E, in effetti, ben presto scoprì che strana Dea aveva scelto di servire. A poco a poco divenne sempre più avvinto nella rete della sua presenza cosmica. Se per l'ignorante Ella è l'immagine della distruzione,(Ramakrishna) in lei trovò la benevola, amorevole Madre. Il Suo collo è ornato da una ghirlanda di teste, i suoi fianchi da una cintura di braccia umane, le Sue mani reggono armi mortali, i suoi occhi lanciano fiamme,  ma Ramakrishna sentiva nel Suo respiro il  confortante tocco di un tenero amore, e vide in lei il seme dell'immortalità. (Kali) Si innalza sul petto del suo consorte, Siva, perché Lei è Shakti, la Potenza inseparabile dall'Assoluto. E' circondata da sciacalli e altre creature abiette, gli abitanti dei campi di cremazione. Ma non è la Realtà Ultima superiore alla santità e all'empietà? La Dea sembra ubriaca, sotto l'effetto del vino. Ma chi avrebbe creato questo mondo pazzo se non sotto l'influenza di una ebbrezza divina ? E' il simbolo più...

    • Giuseppe Tucci: Ramakrishna Paramahamsa.

      ("Umanesimo Indiano", in occasione dell'anniversario della nascita di Ramakrishna Paramahamsa. Asiatica, III [1937], pp. 416-420) Nel 1936 cadde l’anniversario della nascita di Ramakrishna, di una cioè delle più grandi figure della mistica indiana. Ramakrishna, come dissi nella commemorazione che ne feci, è ancora vivo e presente nell’India moderna, la quale traverso l’interpretazione che ne diede Vivekanada, ha visto in lui il rinnovatore dell’anima indiana: colui cioè che ha riportato gli spiriti a una spontaneità e immediatezza di sentire; che non solo purifica la religione, ma fortifica e nobilita le qualità morali. Tutta l’India si è ancora raccolta intorno a lui e ne ha ricordato la grande personalità che il tempo sembra piuttosto accrescere che diminuire, e l’ha commemorato in diverse guise: sia cominciando la costruzione di un gran tempio a Belur ove meditò e si spense il discepolo ed allievo principale di Ramakrishna, voglio dire Vivekanada, sia tenendo a Calcutta un...

    • Origine e tradizione del culto della Madre Divina in India.

      Religione di Harappa Tremila anni prima dell'apparizione del Devīmāhātmya, una civiltà avanzata come quella dell'Egitto e della Mesopotamia sorse sulla vasta pianura alluvionale dei fiumi Indo e Sarasvatī e prosperò in splendore tra il 2600 e il 1900 AC. Le sue città di Harappa e Mohenjo-daro erano tra le più grandi al mondo, e ci sono numerose prove archeologiche che l'India dell'Età del Bronzo sia stata culturalmente ed etnicamente diversa com'è oggi. Come nella maggior parte del mondo antico, diversi culti religiosi probabilmente coesistevano, più o meno pacificamente. Poco prima dell'ascesa della civiltà Harappan, o dell'Indo-Sarasvatī, negli insediamenti degli altipiani nel Belucistan, a nord e a ovest della Valle dell'Indo, le culture pre-Harappa consideravano la Dea Madre, o alcune dee, più o meno allo stesso modo degli altri popoli del Neolitico nel Medio Oriente.Prevedibilmente per una società agricola, le immagini della dea pre-Harappan mostrano temi relativi alla fertilità e ai...

    • Iside nel simbolismo ermetico

      [Tratto da : Dom Antonio G. Pernety- Le favole egizie e greche svelate e riportate ad unico fondamento] Quando si conosce la genealogìa d'Osiride, si sa anche della d'Iside sua sposa, inquanto chè questa era sua sorella. Comunemente si ritiene che questa Dea era il simbolo della Luna, così come Osiride era quello del Sole; ma la si riteneva anche come simbolo della Natura in generale, e per la Terra, secondo Macrobio. Partendo da tale concetto, dice questo Autore, la ci rappresentava avente il corpo tutto coperto di mammelle. Apuleio concorda con Macrobio, e ne fa il seguente ritratto: « Una chioma lunga e tolta cadeva ondeggiante sul suo collo divino: aveva sul capo una corona variamente bella nella forma e per i fiori della quale era ornata. Sul davanti, nel mezzo, spiccava una specie di globo, quasi in forma di specchio, il quale proiettava una luce brillante argentea come quella della Luna. A destra ed a sinistra di detto globo stavano due ondeggianti vipere quasi ad incastrarlo...

    • La Madonna Nera, statue di Iside e della Vergine paritura. La Benedetta Signora sotterranea.

      da Fulcanelli,  "Il Mistero delle Cattedrali". Un tempo, le camere sotterranee dei templi servivano come dimora per le statue di Iside, ed esse diventarono, al tempo dell'introduzione del cristianesimo in Gallia, quelle Vergini nere che il popolo, ai giorni nostri, circonda d'una venerazione tutta particolare. Del resto il simbolismo tra queste due raffigurazioni è lo stesso: le une e le altre mostrano sul loro basamento la famosa iscrizione: Virgini pariturae; alla Vergine che deve partorire. Ch. Bigarne (Considérations sur le Culle d'Isis chez les Eduens. Beaune, 1862.), ci parla di parecchie statue di Iside designate dallo stesso vocabolo. L'erudito Pierre Dujois ci dice: «Già nella sua Bibliografia generale dell'Occulto, il sapiente Elias Schadius aveva segnalato, nel suo libro De dictis Germanicis, un'iscrizione analoga: Isidi, seu Virgini ex qua filius proditurus est (A Iside, o alla Vergine dalla quale nascerà il Figlio). Queste icone, dunque, non avevano per nulla il...

    • Introduzione ai Tantra Sastra, di Vimalanandadayini

      [tratto e adattatao da: KARPŪRĀDI-STOTRAINTRODUZIONE E COMMENTO DI VIMALĀNANDADĀYINIAL SIGNORE TRA GLI INNI, DEDICATO A ŚRIMAD DAKŞIŊA – KĀLIKĀin HYMN TO KĀLĪ,  KARPŪRĀDI-STOTRA a cura di Arthur Avalon] Parameśvara misericordioso e onnipotente è senza inizio e fine. Sebbene sia Nirguŋa è l'Ādhāra (sede) dei tre Guŋa. Sebbene sia senza forma crea, conserva e poi richiama a se il mondo, fatto di materia estesa (Prapañca). È per mezzo delle Śakti e della Sua stessa Māyā che può fare diventare possibile quel che sembra impossibile. La Śvetāśvatara-Upanişad dice che con la meditazione si vede la Svaśakti del Deva, dimora di tutte le cause associate a Kālatattva.Nel Niruttara-Tantra, Śiva parla di un cadavere con tre occhi come dell'Unico Nirguŋa, che è il seggio dei Guŋa associati a Śakti. Sebbene sia senza inizio, mezzo o fine, è colui che crea ed è la Causa materiale del mondo che ha un inizio, un mezzo e una fine. Per questa ragione i Tantra e gli altri Śāstra lo chiamano Ādinātha,...

    • Shiva Bhairava, la città santa di Varanasi e l'Axis Mundi. Geografia sacra della morte e della liberazione.

      [Questo articolo si basa sulle ricerche di Elizabeth Chalier-Visuvalingam.] Come Dioniso per la civiltà greca, il Dio selvaggio, l'"outsider", Bhairava - l' aspetto terribile di Shiva - è di importanza centrale per l'induismo. L'iconografia classica di questa divinità tantrica per eccellenza è spiegabile solo attraverso il mito di origine puranica che lo rappresenta come assassino di Brahmâ. Paradossalmente, la sua immagine pubblica in tutta l'India è soprattutto quella del Kshetrapâla, il protettore divino dell'insediamento umano. Relegando la sua funzione di polizia a otto manifestazioni - di stanza nelle otto direzioni spaziali - Bhairava è ancora venerato come il magistrato divinizzato di Varanasi, la città santa degli indù. La ulteriore suddivisione in un cerchio di sessantaquattro forme, ognuna associata a una consorte femminile, caratterizza in particolare il culto del Mârtanda-Bhairava solare, che è adorato al loro centro. Alcuni Purâna descrivono Shiva con tre, quattro o...

    • Vidyaranya: Jivanmuktiviveka, la Liberazione in vita.

      Il Sannyasa è di due tipi, noti come Vividisha Sannyasa e Vidvat Sannyasa, ovvero la rinuncia del Ricercatore e la rinuncia del Conoscitore. Il primo tipo conduce alla liberazione dopo il trapasso (Videhamukti) e il secondo alla liberazione nel corso della vita (Jivanmukti). Il pre-requisito essenziale per entrambi i generi di Sannyasa è il distacco. Il distacco è di tre generi: debole, forte e molto forte. Il distacco che sopravviene in caso di talune calamità, come la morte di una persona cara o la perdita di beni, non può durare ed è definito debole. Tale temporaneo sentimento di distacco non rende la persona qualificata al sannyasa. La determinazione di non sposarsi, non avere figli e lasciare la vita laica è definita distacco forte. Vi sono quattro generi di Vividisha Sannyasa: Kutichaka, Bahoodaka, Hamsa e Paramahamsa. Il distacco che si definisce forte, rende la persona qualificata soltanto per i primi due generi di sannyasa, Kutichaka e Bahoodaka. Questi due ordini sono detti...

    • Ramana Maharshi: Quaranta Versi sulla Realtà

      Invocazione:   I. Se la Realtà non esistesse, si potrebbe avere coscienza di esistere? Libera da ogni pensiero, la Realtà abita nel Cuore, la Sorgente di tutto il pensiero. Perciò si chiama Cuore. Come si può contemplarlo? Essere ciò che è nel Cuore, è la Sua contemplazione.   II. Coloro che provano intenso timore della morte cerchino rifugio presso i piedi di Dio, che non conosce nascita né morte. Morendo a sé stessi e ai loro possedimenti, come possono essere toccati ancora dal pensiero della morte? Essi sono immortali.   §§§   1. Dal punto di vista della nostra percezione del mondo deriva l'accettazione di un Principio Primo in possesso di vari poteri. Le immagini relative ai nomi e alle forme, la persona che le vede, lo schermo su cui le vede proiettate e la luce attraverso cui le vede: egli stesso è tutte queste cose.   2. Tutte le religioni postulano tre enti fondamentali: il mondo, l'anima e Dio, ma è una sola unica Realtà che manifesta Sé stessa in questi tre. Si può dire che i tre...

    • Ramana Maharshi: Chi sono io? (Nar Yar)

      Tutti gli esseri viventi desiderano essere sempre felici, senza alcuna miseria. In tutti c’è un amore supremo per se stessi. E solamente la felicità è la causa dell’amore. Allo scopo quindi di raggiungere quella felicità che è la propria natura e che viene sperimentata nello stato di sonno profondo, dove non c’è mente, si dovrebbe conoscere se stessi. Per raggiungere ciò, il Percorso della Conoscenza, l’investigazione nella forma del “Chi sono Io?”, è il mezzo principale.   1. Chi sono Io? Il corpo grossolano che è composto da sette umori (dhatus), io non sono; i cinque organi di senso cognitivi, ossia, il senso dell’ascolto, del tatto, della vista, del gusto e dell’odorato, che sono collegati con i rispettivi oggetti, ossia, suono, tocco, colore, gusto e odore, io non sono; i cinque organi di senso cognitivi, ossia, gli organi di parola, movimento, afferrare, espellere e procreare, che hanno le loro rispettive funzioni del parlare, muoversi, afferrare, espellere e gioire, io non sono;...

    • Vita e insegnamento di Sri Anandamayi Ma.

      Sri Ma Ananadamay nacque nel 1896  e raggiunse il MahaSamadhi all’età di 86 anni; le limitazioni contingenti non condizionarono mai la sua libertà di essere se stessa in ogni circostanza. Era la personificazione della più gioiosa auto-sufficienza, che catturava il cuore di tutti quelli che la avvicinavano. Il misterioso distacco che le era caratteristico era totalmente superiore all’umana comprensione e ben bilanciato dall’amore compassionevole per tutte le creature viventi, che la rendeva vicina più di quanto possa essere il più intimo amico. Era il Maestro la cui guida era ricercata dai semplici e dagli eruditi, dagli anziani e dai bambini, da persone di culture straniere quanto da quelli legati alla tradizione. Viaggiò incessantemente, trovandosi  in ogni luogo come a casa, e nessuno fu mai uno straniero per lei. Per tutto il territorio indiano e oltre i suoi confini, la gente che la incontrava riconosceva in lei la personificazione della propria visione dell’Amato (Divino) così come...

    • Insegnamento e vita di Sri Adi Shankaracharya

      Discorso del 15 aprile del 1988- Shankara Jayanti- di Sua Santità Jagaduru Sri Abhinava Vidyatirtha Swamigal, Sri Sharada Peetham Sringeri.   Nella nostra sacra terra, Bharath, i rappresentanti del Governo, i Sannyasin di osservanza Advaita, i devoti e le persone comuni interessate agli Shastra hanno celebrato, dall’inizio di quest’anno, il dodicesimo centenario della nascita di Bhagavatpada, il precettore. Storicamente sono trascorsi 1200-1300 anni dalla nascita di Bhagavatpada. Seguendo una decisione formale, come per altre questioni, si è stabilita una convenzione sulla nascita di Bhagavatpada, che sia avvenuta 1200 anni fa, più o meno, perché non vi siano ulteriori discussioni sull’argomento. Comunque, e nel modo che è possibile, è profondamente gratificante che si celebri il dodicesimo centenario di questo santo. L’attuale celebrazione ci offre l’opportunità di riflettere e di esprimere tutta la gratitudine per Bhagavatpada. Qual era la situazione dell’India in cui si incarnò...

    • La Via dell'artista indiano

      di Maria Vassallo L’imitazione pittorica secondo il sacro canone Le immagini cultuali dell’India, che possiamo definire come vere e proprie epifanie dell’Invisibile, costituiscono per lo spettatore-iniziato indiano un “ponte” che collega visibile e invisibile, terrestre e celeste. Allo stesso modo l’arte in sé, in India considerata divina, costituisce per il sailpin, l’artista, una via che conduce al divino. L’artista è soprattutto un uomo dedito alla contemplazione poiché è dalla contemplazione stessa che le opere d’arte sacra provengono e non possono che provenire da essa. In India la pratica dell’arte sacra non è mai stata dominata esclusivamente da interessi di tipo economico e non ha costituito un vero e proprio commercio. Nell’evenienza in cui l’artista venda occasionalmente le proprie opere, non lo fa per sete di guadagno, ma rimane sempre un uomo libero dalla logica del profitto e dalla forma mentis del mercante. I manuali indiani sailpa, ossia i trattati inerenti alla...

    • Ananda K. Coomaraswamy: Arte Cristiana e Arte Orientale

      Da “The Christian and Oriental, or True, Philosophy of Art”Ananda K. CoomaraswamyHo intitolato questa lettura sulla filosofia dell’arte “Cristiana e Orientale” perché prenderemo in considerazione una dottrina cattolica o universale, con cui le filosofie umanistiche dell’arte non possono essere paragonate o riconciliate, ma solo contrapposte; e “Vera” filosofia per la sua autorevolezza e per il suo contenuto. Non è fuori luogo affermare che io credo in ciò che scrivo: poiché tale studio può sussistere solo nella misura in cui lo studente riesce o meno a realizzare nella propria vita ciò che ha appreso; l’interdipendenza di fede e conoscenza si applica alla teoria dell’arte quanto a ogni altra dottrina. Nel testo che segue non distinguerò tra la tradizione cristiana e quella orientale, né citerò gli autori di capitoli e frasi: l’ho già fatto altrove e non temo che qualcuno immagini che io proponga tesi che considero mie, a prescindere dal fatto di non averle scritte di mio pugno. Non è...

 

 

 

Testi, illustrazioni e traduzioni sono di Beatrice Polidori (Udai Nath). © Tutti i diritti riservati.

 

 

 

I cookie rendono più facile per noi fornirti i nostri servizi. Con l'utilizzo dei nostri servizi ci autorizzi a utilizzare i cookie.
Ok