Ashtavakra Samhita [5 - 14]

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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

Capitolo5

Ashtavakra disse:

Nulla ti lega né ti tocca, dunque. Nella tua purezza, a cosa devi rinunciare? Abbandona la molteplicità, ed entra nella pace.

Tutto questo sorge da te, come le schiuma dal mare. Riconosci un solo Atman, ed entra nella pace.

Sebbene tutto questo sia visibile ai tuoi occhi è solo un'apparenza, come un serpente visto al posto di una corda, ed essendo irreale, non modifica te, che sei senza macchia. Dunque entra nella pace.

Equanime verso il dolore e il piacere, equanime verso la speranza e la delusione, equanime verso la vita e la morte, entra dunque nella pace.

 

Capitolo 6

Ashtavakra disse:

Io sono come lo spazio infinito, e il mondo naturale è come un vaso. Conoscere questo è conoscenza, dopo di che non vi è rinuncia, accettazione o liberazione.

Io sono come l'oceano, e la molteplicità degli oggetti è paragonabile alle onde. Conoscere questo è conoscenza, dopo di che non vi è rinuncia, accettazione o liberazione.

Io sono come la madreperla, e il mondo illusorio è come l'argento. Conoscere questo è conoscenza, dopo di che non vi è rinuncia, accettazione o liberazione.

Io sono tutti gli esseri, e tutti gli esseri sono in me. Conoscere questo è conoscenza, dopo di che non vi è rinuncia, accettazione o liberazione.

 

Capitolo 7

Janaka disse:

E' nell'infinito oceano di me stesso che l'arca del mondo naviga sospinta dal suo stesso vento. Io non ne sono turbato. Lascio che le onde seguano la propria natura, sorgendo e svanendo nell'infinito oceano di me stesso. Non c'è crescita o diminuzione in me per questo.

E' nell'infinito oceano di me stesso che l'immaginazione chiamata mondo ha luogo. Io sono supremamente immoto e senza forma, e tale resto.

La mia vera natura non è data da oggetti, né alcun oggetto esiste in essa, poiché è infinita e purissima. Poiché è senza attaccamenti, senza desideri e in pace, e tale resta.

Invero non sono altro che pura consapevolezza, e il mondo è come lo spettacolo di un mago, dunque come potrei pensare che vi sia qui qualcosa da accettare o da rifiutare?

 

Capitolo 8

 Ashtavakra disse:

La schiavitù è quando la mente brama qualcosa, si duole per qualcosa, rifiuta qualcosa, tiene a qualcosa, è compiaciuta di qualcosa o dispiaciuta di qualcosa.

Liberazione è quando la mente non brama alcuna cosa, non si duole, non rifiuta, non tiene, e non è compiaciuta o dispiaciuta di alcuna cosa.

Schiavitù è quando la mente è confusa da uno dei sensi, e liberazione è quando la mente non è confusa da nessuno dei sensi.

Quando non c'è "io" c'è liberazione, e quando c'è io c'è schiavitù. Considerando questo scrupolosamente, non tengo a nulla e nulla rifiuto.

 

Capitolo 9

Ashtavakra disse:

Sapendo che si può abbandonare il conflitto tra azione e non azione, o quando sia stata conosciuto Colui per cui tutto ciò accade, si può subito andare oltre la rinuncia e il dovere, per indifferenza verso simili cose.

Rara, in realtà, o mio caro, la persona che attraverso l'osservazione dei comportamenti del mondo ha raggiunto l'estinzione della sete di vita, di piacere e di conoscenza.

Tutto è impermanente e corrotto dai tre tipi di sofferenza. Riconoscendo questo come insostanziale, spregevole e degno di indifferenza, si ottiene la pace.

In quale epoca o in quale età della vita non è esistito dualismo tra gli opposti, per la gente comune? Abbandonando la dualità, felice di accogliere tutto ciò che avviene, subito si realizza la perfezione.

Come non provare indifferenza, quando si osservano le differenze di opinione tra i grandi saggi, i santi e gli Yogi?

E' Guru chi, dotato di distacco e di equanimità, raggiunge la piena conoscenza della natura della consapevolezza e quindi guida gli altri fuori dal Samsara.

Se tu vedessi le trasformazioni degli elementi come niente altro che elementi, immediatamente saresti libero da tutti i legami e stabilito nella tua [reale] natura.

Le inclinazioni personali sono Samsara. Riconosciuto questo, abbandonale. La rinuncia a quelle è la rinuncia a questo [Samsara]. Allora puoi essere ciò che sei.

 

Capitolo 10

Ashtavakra disse:

Abbandonato il desiderio insieme al guadagno, che è carico di perdite, e le buone azioni che sono la causa dei due [guadagno e perdita] - pratico l'indifferenza verso ogni cosa. Io vedo tali cose, quali amici, terra, denaro, moglie e patrimonio, come niente altro che un sogno o lo spettacolo di un mago.

Qualsiasi desiderio si presenti, in esso io vedo il Samsara. Stabilendo me stesso in un fermo distacco, sono libero dalle passioni e sereno.

La natura essenziale della schiavitù non è altro che il desiderio, la cui eliminazione è detta Liberazione. Semplicemente con il distacco dalle cose mutevoli, la gioia senza tempo della realizzazione è raggiunta.

Tu sei l'Uno, consapevole e puro, mentre tutto questo è inerte non-essere. La stessa ignoranza è nulla, dunque che bisogno hai di desiderare la conoscenza?

Regni, figli, mogli, corpi, piaceri - li hai tutti perduti vita dopo vita, nonostante il tuo attaccamento ad essi.

[Hai avuto] abbastanza ricchezze, sensualità e buone azioni. Nella foresta del Samsara la mente non ha mai trovato soddisfazione in esse.

Per quante vite hai dovuto compiere un lavoro duro e doloroso con il corpo, la mente e le parole. Ora sei giunto all'ultima tappa!


Capitolo 11

Ashtavakra disse:

Restando impassibile e senza afflizioni, realizzando quindi che essere, non-essere e trasformazione attengono solo alla condizione degli oggetti, si trova facilmente la pace.

In pace, risolti tutti i desideri, e realizzato che non vi è nulla altro che Dio, il Creatore di tutte le cose, non si sperimenta alcun attaccamento. Riconosciuto che fortuna e sfortuna vengono a turno dal destino, si gioisce di ciò che si ha, con i sensi controllati, e non si apprezza o disprezza alcuna cosa. Realizzato che piacere e dolore, vita e morte provengono dal destino, e che i desideri non conoscono soddisfazione, si resta inattivi - e anche nell'azione non si prova attaccamento.

Realizzato che le sofferenze provengono solo dal pensare, eliminando i desideri ci si sbarazza del dolore, e si è sempre e ovunque felici.

Realizzato che "io non sono il corpo, né il corpo è mio; io sono pura consapevolezza" si raggiunge lo stato supremo e non si è coinvolti dalle cose fatte o non fatte.

Realizzato: [che tutto] "è me stesso, da Brahma fino all'ultimo filo d'erba" si diventa liberi dal dubbio, puri, in pace e privi di preoccupazioni su cosa è stato ottenuto e cosa non lo è stato.

Realizzato che questo mondo vario e meraviglioso è nulla, si diviene totale apertura, liberi da inclinazioni e come se nulla esistesse, quindi si trova la pace.

 

Capitolo 12

Janaka disse:

Dapprima fui avverso all'attività fisica, poi ai lunghi discorsi, infine allo stesso pensiero, perciò ora sono stabile [nel Sè].

In assenza della consolazione dei suoni e degli altri sensi, e poiché io stesso non sono un oggetto dei sensi, la mia mente è profondamente concentrata e priva di distrazioni - perciò ora sono stabile [nel Se].

Se si è appreso che le distrazioni dei sensi sono false identificazioni, si è portati a dirigere i propri sforzi a fermare la mente. Riconosciuto questo schema, sono stabile [nel Sè].

Abbandonato il senso di repulsione e di accettazione, e perciò piacere e il dispiacere, sono stabile [nel Sè].

Attraverso la vita in comunità, e poi procedendo oltre gli stati di meditazione e verso l'eliminazione degli oggetti prodotti dalla mente - servendomi di tutto ciò, ho osservato i miei errori e ora sono stabile [nel Sé].

Così come l'azione è dovuta all'ignoranza, altrettanto lo è il suo abbandono. Riconoscendo pienamente questa verità, ora sono stabile [nel Sé].

Tentare di cogliere con la mente ciò che è oltre di essa, non è attività adatta al pensiero. Abbandonato questo tipo di pratica, ora sono stabile [nel Sé].

Colui che ha conseguito tutto ciò, ha raggiunto lo scopo della vita. Questi ha compiuto quanto deve essere compiuto.

 

Capitolo 13

Janaka disse:

La libertà interiore di non possedere nulla è difficile da conseguire, anche se coperti solo da un perizoma, ma io vivo come preferisco [mi è naturale], libero dalla rinuncia quanto dall'acquisizione.

Talvolta si esperisce disagio a causa del corpo, talvolta della parola, o talvolta della mente. Abbandonato tutto questo nel solo obbiettivo dell'essere umano, vivo come preferisco.

Riconosciuto che in realtà nessuna azione è mai commessa, vivo come preferisco, solo facendo ciò che si presenta da fare.

I mistici che identificano se stessi col corpo insistono nell'ottemperanza e nell'evitamento di varie azioni, ma io vivo come preferisco, libero da attaccamento e da repulsione.

Nessun beneficio e nessuna perdita mi provengono dal restare fermo, dal camminare o dal distendermi, di conseguenza vivo come preferisco, sia che me ne stia fermo, o che cammini o che dorma.

Non ho nulla da perdere dormendo, e non ho nulla da guadagnare mediante la fatica, perciò vivo come preferisco, libero da successo e fallimento.

Osservato di frequente come gli oggetti piacevoli lascino tracce infelici, vivo come preferisco, libero dal piacere e dal dispiacere.

 

Capitolo 14

Janaka disse:

Colui che spontaneamente possiede una mente libera [vuota], il cui pensiero è puramente non-intenzionale, è libero dal ricordo deliberato [attaccamento], come uno che si fosse risvegliato da un sogno.

Poiché i miei desideri sono stati eliminati, non possiedo ricchezze, amici, privazioni, sensi, scritture o conoscenze.

Realizzata la mia suprema natura nella Persona del Testimone, Dio, lo stato privo di desideri in schiavitù e in liberazione, non provo alcuna inclinazione per la liberazione.

Gli stati di coscienza che sperimenta colui che è libero da dubbi interiori, e che si muove come preferisce, tanto da sembrare un pazzo, possono essere riconosciuti [solo] da qualcuno nelle medesime condizioni.



 

Testi, illustrazioni e traduzioni sono di Beatrice Polidori (Udai Nath). © Tutti i diritti riservati.

 

 

 

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