Ashtavakra Samhita [18 - 20]

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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

Capitolo 18

Ashtavakra disse:

Sia lode a quello a cui la stessa consapevolezza dell'illusione appare come un sogno, quello che è pura felicità, pace e luce.

Si possono ottenere ogni sorta di piaceri con vari oggetti di possesso, ma non si può essere felici a meno di rinunciare a tutto. Come potrebbe essere felice, infatti, colui che è arso dal sole bruciante del dolore, sospinto dai bisogni che chiamano all'agire, privo della pioggia ristoratrice del nettare della pace?

Questa esistenza è solo immaginazione. Non è nulla, in realtà, ma non vi è alcun non-essere per quelli che conoscono come distinguere l'essere dal non-essere.

Il luogo del proprio Sé non è lontano, ma non può essere raggiunto adducendo limitazioni alla sua natura. E' inimmaginabile, è senza azione, senza cambiamento e senza macchia.

Con la sola eliminazione dell'illusione e con il riconoscimento della propria vera natura, coloro la cui visione è nitida vivono liberi dal dolore.

Riconosciuta ogni cosa come [opera dell'] immaginazione, e sé stesso come eternamente libero, come potrebbe l'uomo saggio comportarsi come uno sciocco?

Riconosciuta la propria natura divina [trascendente] e l'essere e il non essere quali condizioni immaginarie [mentali], cosa può dire o fare, chi non deve conoscere altro?

Considerazioni del tipo "io sono questo" o "io non sono questo" sono finite per il mistico che è divenuto silenzio, realizzando "Tutto è me stesso".

Per il mistico che ha trovato la pace, non vi è distrazione [nell'attività mentale] o concentrazione [in un solo punto], né conoscenza suprema o ignoranza, né piacere né dolore.

Il dominio dei cieli o l'accattonaggio, il guadagno o la perdita, la vita in società o nella foresta, tutto questo non fa differenza per il mistico la cui natura è libera dalle distinzioni.

Non vi sono obblighi religiosi, ricchezze materiali, sensualità o discriminazione filosofica, per il mistico che è libero dalle coppie di opposti quali "ho fatto questo", "non ho fatto quest'altro".

Non vi è nulla che debba essere fatto, e nessun attaccamento nel cuore di colui che è già liberato in vita. Così resteranno le cose per quanto egli vive.

Non vi è illusione, mondo, meditazione di Quello, o liberazione per la grande anima pacificata. Tutte queste cose appartengono solo al regno dell'immaginazione.

Chiunque veda tutto questo può fare in modo che non esista, ma cosa può fare chi è privo di desideri? Anche vedendo, non vede questo.

Persino colui che abbia veduto il Brahman Supremo può pensare: "Ah, io sono Brahman", ma cosa deve pensare colui che è senza pensiero e che non veda alcuna dualità?

Colui che trovi al proprio interno della distrazione potrebbe porre fine ad essa, ma il liberato non è distratto. Quando nulla è rimasto da ottenere, cosa dovrà ancora fare?

Il saggio, diversamente dall'uomo comune, non vede la stabilità interiore, la distrazione o la colpa, anche qualora viva come un uomo comune.

Nulla viene fatto da colui che è libero dall'essere e dal non essere, che è appagato, senza desideri e saggio, anche qualora agli occhi del mondo si manifestino azioni personali.

Il saggio che semplicemente procede facendo ciò che spontaneamente di presenta a lui, non incontra difficoltà nell'azione né nell'inazione.

Colui che è senza desideri, autonomo, indipendente e libero dai legami è come una foglia morta, sospinta dal vento delle cause.

Non vi è né gioia né sofferenza per colui che ha trasceso il Samsara. Con mente pacifica egli vive come se non avesse corpo.

Colui la cui gioia è in sé stesso, e che è puro e pacifico all'interno, non ha desiderio di rinuncia o senso di perdita alcuna.

Per la persona che ha la mente vuota e che agisce liberamente, non vi è orgoglio o falsa modestia, come invece per l'uomo comune.

"Questa azione è stata compiuta dal corpo, non da me": la persona di natura pura pensa in questo modo, non agendo anche quando agisce. Se questi agisce senza saper dire il perché, non è perciò un folle, piuttosto un liberato in vita, felice e colmo di beatitudine. Questa prosperità fiorisce anche nel Samsara.

Colui che abbia avuto abbastanza dell'adoperarsi in premure e pensieri senza fine, che abbia raggiunto la pace, non pensa, non sa, non ode e non vede.

Colui che è la di là della quiete mentale e della distrazione non prova desiderio per la liberazione o per il suo opposto, né per i rispettivi riconoscimenti. Riconosciute tutte le cose quali prodotti dell'immaginazione, quella grande anima vive alla stregua di Dio: qui e ora.

Colui che [invece] prova interiormente senso della responsabilità, agisce persino quando è fermo, mentre non vi è alcun pensiero di cose fatte o non fatte per il saggio che è libero dal senso di responsabilità.

La mente del liberato non è mai irritata o gratificata. Risplende, immobile, senza desideri, libera dal dubbio.

Colui la cui mente non è mai orientata alla meditazione o all'azione, medita ed agisce senza oggetto. Lo stupido cade in confusione quando ascolta la verità, e l'intelligente ne è umiliato, come uno sciocco.

L'ignorante compie grandi sforzi per praticare la concentrazione e fermare il pensiero, mentre il saggio vede che nulla è necessario e rimane in sé stesso come se dormisse.

Lo stupido non ottiene liberazione sia che agisca sia che abbandoni l'azione, mentre il saggio trova la pace interiore semplicemente comprendendo la verità.

Gli aspiranti non arriveranno dunque a conoscere sé stessi attraverso la pratica - [poiché] già sono pura consapevolezza, limpida, completa e al di là del molteplice.

Lo stupido non conosce la liberazione neppure attraverso la pratica regolare, mentre colui che è fortunato [qualificato] resta libero e non-agente con la semplice discriminazione.

Lo stupido non conosce Dio perché lo desidera, mentre il saggio gode del Supremo senza neppure volerlo.

Anche qualora vivano senza supporto e senza bramosia di ottenimento, gli stupidi nutrono il Samsara, mentre i saggi hanno spezzato la vera radice dell'infelicità.

Lo stupido non trova pace poiché la desidera, mentre il saggio conosce la verità e perciò la sua mente è sempre in pace.

Come può esserci conoscenza di sé per colui la cui conoscenza dipende da ciò che vede? Il saggio non vede questo e quello, ma vede tutto senza inizio né fine.

Come potrebbe esserci cessazione del pensiero per quello che, male istruito, sta lottando per ottenerla? Essa è naturale per il saggio che è pienamente in sé stesso.

Alcuni pensano che qualcosa esista, altri che nulla esista. Rara è la persona che non pensi affatto, e che perciò sia libera da ogni distrazione. Quelli di scarsa intelligenza pensano sé stessi come pura non-dualità, ma a causa della loro illusione non la conoscono e restano irrealizzati.

La mente della persona che cerca la liberazione può non trovare un luogo in cui ritirarsi in pace al suo interno, la mente del liberato è sempre libera dal desiderio per il fatto stesso di essere priva di un luogo in cui ritirarsi di pace.

Vedendo le tigri dei sensi, il timoroso cercatore di pace entra per la prima volta nella caverna in cerca della cessazione del pensiero e della concentrazione profonda.

Veduto il leone senza desideri, gli elefanti dei sensi silenziosamente fuggono via o, se non possono scappare, restano presso quel re come servitori.

La persona che è libera dal dubbio e la cui mente è libera da anelito e da repulsione non si cruccia sul significato della liberazione. Che veda, ascolti, percepisca odori o sapori, costui vive sereno.

Colui la cui mente è pura è non è distratta, grazie al solo ascolto della Verità, non vede nulla da fare o da evitare, né qualcosa che gli procuri indifferenza.

La persona limpida fa qualsiasi cosa si presenti da fare, buona o cattiva, per costui le azioni sono come quelle di un bambino.

Con la libertà interiore si ottiene felicità, con la libertà interiore si raggiunge il Supremo, con la libertà interiore si giunge all'assenza di pensiero, con la libertà interiore è lo Stato Supremo.

Quando si osserva sé stessi vedendosi né come l'agente né come il fruitore delle conseguenze delle azioni, tutte le onde della mente giungono alla fine.

Il comportamento spontaneo e senza presunzione del saggio è degno di considerazione, ma non la posa di quiete con cui si pavoneggia dello sciocco.

Il saggi che hanno superato l'immaginazione, svincolati da tutto e dotati di consapevolezza incondizionata, godono di sé stessi che siano sommersi dai beni [materiali] o che scelgano il ritiro nelle grotte montane.

Non vi è attaccamento nel cuore dell'uomo libero, che egli stia tributando omaggio ad un saggio erudito, o a un essere celeste, o a un luogo santo, a un conoscente, un re o un amico.

Un mistico non si sente sminuito neppure quando viene messo in ridicolo da servi, figli, mogli, nipoti o altri parenti.

Anche quando è lieto non si allieta, e non soffre a trovarsi nel dolore. Solo chi è come lui può comprendere il meraviglioso stato di tale persona.

Nell'idea che ci sia un obiettivo da acquisire si trova il Samsara. Il saggio che ha la qualità del vuoto, senza forma, immutabile e perfetto non vede alcun obiettivo.

Anche quando non fa nulla, lo sciocco è agitato dal non trovare pace, mentre la persona consapevole rimane indisturbata anche quando si adopera per ciò che è da fare.

Felice quando è in piedi, felice quando è seduto, felice quando dorme, felice quando si muove; felice quando parla e quando tace, felice quando mangia e quando digiuna: questa è la vita di colui che ha trovato la pace.

Quegli che ha trovato dimora nella sua intima vera natura non incontra infelicità nella sua vita di ogni giorno come accade invece alla gente che abita questo mondo, egli rimane indisturbato come un grande lago, libero da ogni fastidio.

Anche l'astensione dalle azioni comporta allo sciocco un'azione, mentre anche l'azione porta al saggio i frutti dell'inazione.

Spesso lo sciocco mostra avversione per ciò che gli appartiene, ma per colui che ha abbandonato l'attaccamento, non vi è attaccamento o avversione.

La mente dello sciocco è spesso catturata nel pensare o nel non pensare, ma la natura del saggio è non-pensiero, perciò pensa spontaneamente ciò che capita di essere pensato.

Per il veggente che si comporta come un bambino, senza interferire col desiderio nell'azione, non vi è attaccamento neppure per il lavoro compiuto.

Beato colui che conosce se stesso ed è sempre identico in ogni stato, la cui mente è libera da desiderio qualsiasi cosa egli veda, ascolti, tocchi, annusi o assaggi.

Nessun Samsara, nessun senso dell'io, nessuna meta e nessun mezzo per raggiungerla, vede il saggio che è sempre libero dal potere dell'immaginazione e che, come lo spazio, sa di non essere soggetto al mutamento.

Gloria a quello che ha abbandonato ogni meta ed è l'incarnazione della piena realizzazione, che è la sua reale natura, e la cui concentrazione profonda sull'Incondizionato si realizza spontaneamente.

In breve, quell'anima nobile che è arrivata a conoscere la verità è priva di desideri, sia per il piacere che per la liberazione, ed è sempre libera da ogni attaccamento.

Cosa rimane da fare per colui che è pura consapevolezza ed ha abbandonato tutto quello che le parole possono esprimere, dal paradiso alla terra?

La persona pura che abbia esperito l'Indescrivibile consegue la pace per sua stessa natura, realizzando che tutto non è altro che illusione e che nulla lo è.

Non ci sono regole, distacco, rinuncia o meditazione per colui che è pura ricettività per sua natura e che non ammette alcuna forma di essere conoscibile.

Per colui che risplende della luce dell'Infinito e che non è soggetto alla causalità naturale non vi è né schiavitù, né liberazione, né piacere, né dolore.

La pura illusione regna nel Samsara e prosegue fino alla realizzazione del Sé. L'illuminato vive nella bellezza imperitura della libertà dall'"io" e dal "mio", dal senso di responsabilità e da ogni attaccamento.

Per il veggente che conosca sé stesso come immortale e al di là del dolore non vi è conoscenza, non il mondo, non il concetto per cui "io sono il corpo" o che "il corpo mi appartiene".

Non appena la persona di scarsa intelligenza smette di impegnarsi nel fermare l'attività del pensiero, subito cade e si trova coinvolta nella corsa della mente e nelle sue chiacchiere.

Uno sciocco non vince la sua ignoranza ascoltando la verità. Potrà apparire esteriormente libero dall'illusione, ma dentro di sé ancora ambisce gli oggetti dei sensi.

Sebbene agli occhi del mondo sia attivo, colui che ha abbandonato l'azione grazie alla conoscenza, non trova più significato nell'agire e nel parlare.

Per tale saggio, che non subisce mutamenti e paure, non vi è tenebra o luce, né distruzione, né altro. Non vi è nemmeno volontà, prudenza, o coraggio per il mistico la cui natura supera ogni descrizione e non è legato all'individualità.

Non il paradiso e l'inferno, e neppure la liberazione in vita. In una parola, allo sguardo del veggente, nulla esiste.

Questi mai si strugge per un possesso e mai si duole per l'assenza di possesso. La mente calma del saggio è colma del nettare dell'immortalità.

Restando equanime, non onora il probo e non biasima il peccatore. Contento e impassibile nell'afflizione e nel piacere, non trova nulla che debba essere fatto. Il saggio non disprezza il Samsara e non ricerca la conoscenza. Libero dalla gratificazione e dall'impazienza, egli non può dirsi morto eppure non è vivo.

Il saggio si distingue per la libertà dalle aspettative, per il non attaccamento a figli e compagni, per la libertà dai desideri dei sensi, e per non darsi pensiero o preoccupazione neppure per il proprio corpo.

La pace è ovunque per il saggio che vive ogni cosa che accade, che va ovunque gli aggrada, e si addormenta lì dove lo coglie il tramonto.

Lascia che il corpo si alzi o cada. L'anima nobile non si dà pensiero di questo, dimentico di tutto ciò che era il Samsara, dacché ha preso dimora nella sua vera natura.

Il saggio possiede la gioia di essere completo in sé stesso e senza proprietà, di agire liberamente, liberato dalla dualità e dai dubbi, privo di attaccamento verso qualunque creatura.

Il saggio eccelle per essere privo del senso dell'io. La terra, la pietra o l'oro per lui sono uguali. Il nodo del cuore è stato spezzato, ed egli è libero dall'avidità e dalla cecità.

Chi si può paragonare a questa anima libera e realizzata che non si cura più di nulla e non ha desideri nascosti nel cuore?

Chi se non la persona più pura e senza desideri conosce senza conoscere, vede senza vedere e parla senza parlare? Mendicante o re, eccelle colui che è senza desiderio e la cui opinione delle cose è libera da giudizi di "buono" e "cattivo".

Non vi è comportamento dissoluto o virtù, non vi è neppure discriminazione del vero, per il saggio che ha conquistato la meta ed è l'incarnazione della più schietta sincerità.

Quello che è esperito nel profondo da colui che non ha desideri e non ha paure, che è felice di essere sé stesso, come può essere descritto, e da chi?

Il saggio che è soddisfatto in ogni circostanza non dorme neppure nel sonno profondo, non è irretito mentre sogna, non si desta nella veglia.

Il veggente non ha pensiero neppure mentre sta pensando, non ha sensazioni in mezzo ai sensi, non apprende nel comprendere, e non assume responsabilità neppure nei confronti del proprio io.

Mai felice o infelice, distaccato o attaccato, mai cerca la liberazione o è liberato, mai è qualcosa o nessuna cosa.

Non si distrae quando è distratto, non è calmo nella quiete della mente, non è stupido nella sua idiozia, quell'essere benedetto non è neppure saggio per via della sua saggezza.

Il liberato è padrone di sé in ogni circostanza e sempre libero dall'idea di aver fatto qualcosa o che altro resti da fare. Egli è lo stesso ovunque e comunque, senza desideri. Non si sofferma su cosa sia stato fatto e cosa non lo è stato.

Questi non è compiaciuto dagli onori e non è ferito dal biasimo. Non è timoroso della morte e non è attaccato alla vita.

Una persona pacificata non sfugge i luoghi gremiti e non ricerca la solitudine delle foreste. Sempre e comunque, egli è lo stesso.

 

Capitolo 19

Janaka disse:

Usando le pinze della conoscenza ho estratto la dolorosa spina delle opinioni dal profondo del cuore.

Per me, che sono stabile nell'immensità dell'essere, non esistono religione, sensualità, proprietà, filosofia, dualità e nemmeno non-dualità.

Per me, che sono stabile nell'immensità dell'essere, non c'è passato, futuro o presente. Non vi è spazio né tempo..

Per me, che sono stabile nell'immensità dell'essere, non vi sé né non-sé, né bene né male, né pensiero né vuoto.

Per me, che sono nell'immensità dell'essere, non vi è sogno né sonno profondo, non vi è lo stato di veglia né uno stato al di là di essi, e soprattutto non vi è timore alcuno.

Per me, che sono stabile nell'immensità dell'essere, nulla è lontano o vicino, nulla all'interno o all'esterno, nulla di grande o di piccolo.

Per me, che sono stabile nell'immensità dell'essere, non vi è vita né morte, non vi sono i mondi né gli oggetti di questo mondo, non conosco distrazioni né stabilità mentale.

Per me, che rimango in me stesso, non vi è necessità di parlare dei tre obiettivi della vita, di yoga o di conoscenza.

 

Capitolo 20

Janaka disse:

Nella mia natura incontaminata non vi sono elementi, corpo, facoltà, mente. Non c'è vuoto né sconforto.

Per me, che sono libero dalla dualità, non esistono dottrina, conoscenza di sé, mente senza oggetto, soddisfazione o liberazione dal desiderio.

Non vi è conoscenza o ignoranza, non "io", "questo" o "mio", non schiavitù, non liberazione, non possesso della natura del sé.

Per colui che è sempre libero dalle caratteristiche individuali non vi sono cause dettate da azioni precedenti, non la liberazione in vita, né dopo la morte.

Per me, libero dall'individualità, non c'è agente né fruitore delle conseguenze, non si dà cessazione dell'agire, non controllo del pensiero, non oggetto immediato, nessun risultato.

Non vi è il mondo, nessun ricercatore della liberazione, nessun mistico o veggente, nessuno è schiavo e nessuno è liberato. Io resto nella mia natura non-duale.

Per me che sono senza macchia, non vi è alcuno che giudichi, parametro di giudizio, non qualcosa da giudicare né valutazione possibile.

Per me che sono sempre senza azione, non vi è distrazione dalla concentrazione, non ignoranza né stoltezza, né gioia né dolore.

Per me che sono sempre libero, non vi sono verità relative né assolute, non felicità né sofferenza.

Per me che sono sempre puro non c'è illusione né Samsara, non c'è attaccamento né rinuncia, né Creatore né creature.

Per me che sempre sono immobile e inattingibile, stabile in me stesso, non c'è attività né inattività, né liberazione né schiavitù.

Per me che sono beato e senza limitazioni, non vi sono iniziazioni né scritture, non discepoli né maestri, e non vi è una meta per la vita umana.

Non vi è essere né non-essere, non unità né dualità. Che altro dire? Nulla emana da me.

 

 

 

Testi, illustrazioni e traduzioni sono di Beatrice Polidori (Udai Nath). © Tutti i diritti riservati.

 

 

 

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