Introduzione dal commento di Sri Adi Shankaracharya

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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

Il Signore creò  il mondo, e volle proteggere la sua esistenza. In primo luogo fece i progenitori, guida delle genti (prajaa - Pati), a partire da Marichi, e  impartì loro la legge  (Dharma), caratterizzata dai precetti operativi  (pravRitti) descritti nei Veda. Poi creò Sanaka, Sanandana e altri, e impartì loro la legge della rinuncia all'azione (NIVRitti), dalla conoscenza e dal  distacco. Duplice è la Legge descritta nei Veda - una di azione e l'altra di rinuncia all'azione – con cui è retto il mondo. Questa duplice legge deve essere osservata da parte dei membri di tutte le classi, a cominciare dai Brahmana, per tutta la durata delle stagioni della vita, in quanto porta direttamente a ottenere la prosperità e la liberazione, il Sommo Bene.

Nel corso del tempo, a causa dell'egoismo di coloro che dovevano difendere legge, e la conseguente diminuzione della conoscenza discriminativa, l'ingiustizia divenne più potente e prevalse sulla legge. Volendo mantenere la stabilità del mondo, il Creatore primordiale, che tutto pervade, il Signore (Vishnu), chiamato Narayana, si incarnò e nacque da Devaki e da Vasudeva, come Krishna, al fine di ristabilire la legge divina dei Veda.  Solo se la Legge vedica è preservata, il suo spirito proteggerà la vita delle diverse classi di persone.

Il Signore venerabile di tutti gli esseri è dotato di conoscenza imperitura, maestà, potenza, forza, vitalità e splendore, non è nato e non è soggetto al mutamento, è eterno, puro, illuminato e sempre realizzato. Egli governa la natura materiale causale (muulaprakRiti), la quale costituisce il suo potere di illusione (maayaa), composto dai tre qualità (triguNa). Per mezzo di questo potere, Egli appare in questo mondo, come se fosse incarnato e come se fosse nato, e lo benedice.

Senza alcun profitto personale in tale manifestazione , ma per il desiderio di promuovere il benessere di tutti gli esseri, ha impartito la conoscenza della duplice via vedica del Dharma ad Arjuna, quando questi stava annegando in un oceano di dolore e illusione. Questo perché solo se la Legge è nota e praticata correttamente da persone di virtù eccellente può fiorire nel mondo. Il saggio venerato, l'onnisciente Vedavyasa, scrisse questo Dharma, come insegna il Signore, in 700 versi, chiamato Canto (Gita).

L'insegnamento della Gita, che è l'essenza del significato di tutti i Veda, è difficile da comprendere. Anche se molti ne hanno commentato i versi (pada) e il significato in numerose sentenze, comunemente le persone sostengono invece idee contraddittorie a riguardo. Pertanto, spiegherò brevemente il testo, al fine di chiarirne il significato appropriato.

L'obiettivo finale dell'insegnamento della Gita è il Sommo Bene (niHshreyasa), che è liberazione dall'esistenza trasmigratoria, e dalla sua causa.  Si perviene a questo fine osservando il Dharma, con ferma devozione alla conoscenza di Sé, e con la rinuncia a tutte le opere (sarvakarma-sannyaasa). Riferendosi a questo Dharma insegnato nella Gita, è detto dal Signore stesso nell'AnuGita: "Questo Dharma è invero tutto ciò che serve per conoscere il Brahman, l'Assoluto." (Asv. Parva 16.12). Nello stesso testo, si dice, "Egli sia senza meriti e senza macchia, senza beni e senza affanni, saldamente radicato nella conoscenzadell'Uno, in silenzio, la mente senza pensieri" (ibid 19.9), oppure “conoscenza è rinuncia" (ibid 43.25). Nella stessa Gita, alla fine,  Arjuna è perciò esortato "rinuncia a tutto, abbandonati a me solo »(BHG 18.66).

La condotta (abhyudaya) caratterizzata dall'azione e volta alla prosperità, rivolta alle diverse classi sociali e stagioni della vita, è la causa di ricompense quali la conquista di dimore celesti e simili. Quando tale azione viene eseguita senza il desiderio di ricompense, e per sola dedizione al Signore (iishvaraarpaNa-buddhi), purifica la mente di colui che opera (sattva-suddhi). Tale purificazione rende idonei per percorrere la via della Conoscenza e perciò contribuisce indirettamente anche alla realizzazione di tale Conoscenza, che conduce alla Liberazione. Così, si dice, "Colui che fonda tutte le opere nel Brahman" (BHG 5.10), "lo Yogi esegua le azioni senza alcun senso di attaccamento, per la propria purificazione" (BHG 5.11).

Il duplice Dharma impartito dalla Gita conduce al raggiungimento dell'obiettivo della suprema Liberazione. Espone la natura dell'Essere Supremo che è Para-Brahman, chiamato anche Vasudeva, soggetto dell'opera.  La Gita stabilisce inoltre l'obiettivo (prayojana) di questo insegnamento, e la relazione (sambandha) di questo insegnamento con noi. Il suo studio conduce a  realizzare tutti gli obiettivi umani (purushaartha), e per facilitare il raggiungimento di tale fine è stato scritto anche questo commento.

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