La Buddhi, l'intelligenza spirituale

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Testi del Vedanta, dello Yoga e della tradizione Hindu.

Dal 2001 Visionaire.org è scritto, illustrato, pubblicato da Beatrice Polidori (Udai Nath)

Buddhi è la mente sovrasensibile, quella che produce nuclei di senso, intuizioni, archetipi, che detiene l'ordine su cui le altre funzioni possono operare in maniera dotata di senso e ordinata, secondo un principio universale. Senza questa funzione avremmo solo le funzioni collegate al singolo corpo biologico e perciò alla fine, nessun vera possibilità cognitiva, o di comunicazione. Buddhi è una mente sovraindividuale o transpersonale, il Logos dei filosofi greci, una sopra razionalità comune a tutti gli esseri, per cui sono date coordinate comuni alla mente di tutti. Questo è, era detto, il luogo dell'intelletto puro, della poesia ispirata, della profezia, della memoria, come intesa nel senso tradizionale, anche in funziona artistica e creativa. Tutto ciò che riconosciamo vero, dal punto di vista spirituale, o come esteticamente bello, o come ispirazione efficace alla nostra crescita deriva da un ricordo, da una memoria collettiva, che si situa nella Buddhi, nell'intelletto puro, nella facoltà intuitiva.
Lo Yogi amplifica la sua mente intuitiva e mette lentamente in secondo piano le funzioni della mente ordinaria, Manas. Perciò si dice che rifiuta o abbandona gli oggetti dei sensi. Non è una semplice convenzione ascetica, di morigerati costumi e repressione delle pulsioni. L'apprendimento condizionato, quello della mente manasica, legato a piacere dolore, premio o punizione, lascia spazio alla mente buddhica, l'osservazione della verità, dell'intuizione, di ciò che in tutto il cosmo, in tutti gli esseri risuona come vero, bene, bello. Cit, la facoltà razionale-formale viene amplificata, grazie a questo cambiamento di attenzione. Alcune discipline devote alla maturazione della mente sono capaci di moltiplicare le facoltà intellettive, in termini di risultati, sia per il metodo conoscitivo che impartiscono, il discernimento della verità è un metodo ben preciso, sia per il potenziamento in sé dell'energia disponibile alla mente e la capacità di allargare il proprio orizzonte operativo. Un tempo, per certi yogi, si è parlato perciò di onniscienza, in quanto la completa padronanza della Buddhi, quando è acquisita, permette di comprendere il tema e la trama di fondo, e le sue possibili conseguenze, in qualsiasi ambito divino, umano o naturale.

Dunque lo yogi fissa la sua attività mentale nella Buddhi, nell'intelletto puro, nell'archetipo e attraverso l'archetipo pensa, non più attraverso lo stimolo sensoriale (manas) o attraverso il raziocinio comune, le cose apprese, il sentito dire, le opinioni. Di lui è detto che quello che per gli altri è sonno, per lui è veglia e quello che per gli altri è veglia, per lui è sonno. Sonno per la gente comune è il mondo archetipo, che solo nel sogno si può rivelare in maniera cifrata, ambigua, per il saggio quella visione è sempre chiara, diurna e comprensibile. Mentre la visione diurna della gente comune, fatta di azioni, scambi, dolore e piacere, ricerca del piacere e desideri, paura della sofferenza e della morte, è per lui pura illusione, quindi notte, sogno.

Questo stato di coscienza, lo mette a contatto con gli enti divini, con le forme dell'Essere universale che sono disposte nella Buddhi, come mente universale, per contemplare l'assoluto, che di fondo è senza forma. Queste forme, la loro contemplazione, se avviene con mente unificata, o Cuore, dà luogo al fenomeno della devozione, nel senso più puro, la Bhakti, o l'entusiasmo divino. Superiore alla mente ordinaria, dice Krishna, è il puro intelletto (buddhi) e superiore al puro intelletto è la Bhakti. Scordiamoci la devozione popolare fatta di preghiere per finalità egoistiche e mondane o per guadagnarsi un'oltrevita in terre di paradiso. Questa posizione comune agli uomini senza vera conoscenza, Krisna l'ha liquidata immediatamente. Tra le azioni in cui l'uomo cade per ignoranza ha messo ai primi posti proprio l'agire religioso per interesse, basato sulla richiesta di meriti e di vantaggi personali. Quella disposizione, indotta da una lettura moralistica, non illuminata, delle scritture, non conduce alla liberazione né alla visione di dio. Ma Quelli che “purificati dal fuoco della conoscenza” (Buddhi) che hanno bruciato la mente egoistica e le tendenze mondane alla dispersione, concentrati su dio soltanto, o sulla propria visione interiore, liberi dalla frustrazione, dall'ira e dalle altre diversioni della mente, “molti hanno conseguito la condizione divina”, dice. Questa è la bhakti, la condizione dell'entusiasmo, o essere abitati dal dio. L'entusiasmo, anche presso i greci era la condizione dell'ebrezza dionisiaca, quella che permetteva agli uomini, ma soprattutto alle donne, di compiere azioni sovrannaturali. [Beatrice Udai Nath - Da Seminario sulla Bhagavad Gita, la Buddhi, l'intelligenza spirituale.]

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